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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

"Imprenditori collusi con il clan": Dda invoca 7 anni e mezzo per i fratelli Diana

La requisitoria del pubblico ministero Vanorio: "Nascosti dietro finto impegno antimafia ma Zagaria era loro socio occulto"

Sette anni e sei mesi di reclusione. Questa la richieste di condanna formulata dal sostituto procuratore Fabrizio Vanorio, della Dda di Napoli, nel processo a carico dei fratelli Antonio e Nicola Diana, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, in particolare alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi.

Oggi, dinanzi alla terza sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere presieduta dal giudice Luciana Crisci, la requisitoria del magistrato. "Nessuno dei collaboratori si è contraddetto, anzi Attilio Pellegrino ha parlato della societá dei Diana come cosa propria di Michele Zagaria e che non si doveva far sapere che era socio occulto per non bruciarli perché Zagaria li doveva proteggere - ha tuonato il pm della Dda in aula - I fratelli Diana rientrano nel cerchio magico di Zagaria e si sono nascosti dietro al finto impegno antimafia per essere credibili agli occhi della giustizia. Anche le denunce degli attentati erano finte. Loro si sono sempre interfacciati in modo attento con la camorra. Grazie all'attività di agenzia finanziaria degli imprenditori Diana, detti i repezzati, con le loro società mediante il cambio assegni, il clan poteva eludere i sistemi antiriciclaggio e pagare gli stipendi agli affiliati. Sono degli imprenditori collusi con la camorra. Hanno da sempre avuto rapporti con il clan a partire dai loro legami familiari beneficiando di posizioni privilegiate". 

Secondo la ricostruzione del sostituto procuratore Fabrizio Vanorio della Dda, i due germani sono stati "espressione imprenditoriale" del capoclan dei Casalesi Michele Zagaria tanto da rientrare nel 'cerchio magico' degli imprenditori vicini a Zagaria che grazie alla loro attività nel riciclo della plastica facevano da cassa di cambio per gli assegni del clan o che in qualche modo fornissero liquidità al boss. I fratelli Diana a cui venne attribuito il titolo di imprenditori anticamorra poiché figli di Mario Diana, vittima innocente della criminalità organizzata, sono coinvolti nell’indagine che attraverso le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, permise di ricostruire l’esistenza di un rapporto operativo tra il mondo dell’imprenditoria e la fazione Zagaria del clan dei Casalesi. Il patto criminale stretto col clan avrebbe consentito agli imprenditori di godere di una protezione e di una tranquillità operativa tali da permettere agli stessi di raggiungere, nell’area territoriale di competenza del clan, una posizione imprenditoriale privilegiata. In cambio, secondo le risultanze investigative, il clan avrebbe ottenuto dai Diana "prestazioni di servizi e utilità", quali il cambio assegni e la consegna sistematica di cospicue somme di denaro, necessarie ad alimentare le casse dell’organizzazione camorristica riconducibile a Michele Zagaria.

I due imputati nel loro esame hanno negato le accuse che sono state mosse loro dai collaboratori di giustizia come quelle di Francesco Zagaria alias Ciccio e’ Brezza, Attilio Pellegrino, Massimiliano Caterino che li individuavano come ‘partecipi’ negli affari del clan grazie ad investimenti fatti con lo stesso capoclan. I due fratelli Diana si sono definiti dei 'taglieggiati' e per far in modo che il messaggio di pagare venisse ben capito in alcuni degli stabili delle loro aziende ricevettero stese a colpi di pistola negli uffici amministrativi tanto poi da essere dislocati a Caserta o furti di camion di cui tramite una telefonata in azienda i gregari del clan ne rivendicavano la paternità.

Si torna in aula verso la fine del mese di aprile per l'avvio delle discussioni dei legali. Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Giuseppe Stellato, Claudio Botti, Carlo De Stavola, Andrea Saccone.

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