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Cronaca Santa Maria Capua Vetere

"Abbiamo ucciso il nemico di Schiavone. Il boss ci premiò con il patto di sangue"

Il killer Lanza ricostruisce le fasi dell'omicidio di Sebastiano Caterino ed Umberto De Falco

"Avevamo ucciso il nemico di Schiavone (Francesco alias Cicciariello) e ricevemmo il riconoscimento dell'affiliazione con il rito della pungitura. Il rito andava fatto solo a chi lo meritava". È quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia Bruno Lanza (già condannato a 12 anni in abbreviato) nel processo, celebrato in Corte d'Assise presieduta dal giudice Roberto Donatiello con a latere Honoré Dessì, per l'efferato duplice omicidio di Sebastiano Caterino ed il nipote Umberto De Falco, avvenuto il 31 ottobre 2003 in via dei Romani a Santa Maria Capua Vetere.

Alla sbarra ci sono Corrado De Luca, luogotenente dell'ex boss Antonio Iovine, accusato di concorso esterno in omicidio poiché avrebbe preso parte ad un appostamento finalizzato ad eliminare Sebastiano Caterino, e la famiglia Moronese (Sandro, Agostino e Raffaelina Nespoli) che avrebbe fornito al gruppo di fuoco la propria abitazione per compiere il duplice omicidio. Bruno Lanza escusso dal Sostituto Procuratore della Dda Simona Belluccio ha fornito particolari sul duplice omicidio di camorra voluto fortemente da Francesco 'Cicciariello' Schiavone.

"Cicciariello voleva la morte di Sebastiano Caterino ed il motivo era legato alla scissione (Sebastiano Caterino dopo 10 anni reclusione avvalendosi di un gruppo autonomo di cui faceva parte il nipote Umberto De Falco avrebbe iniziato a gestire il traffico di sostanze stupefacenti ed il racket delle estorsioni nel territorio di Santa Maria Capua Vetere la cui egemonia era di Cicciariello). Cicciariello non l'ha mai presa bene e lo voleva morto. Per aver tolto di mezzo un nemico di Schiavone ci premiò con l'affiliazione mediante il rito della pungitura".

Secondo quanto ricostruito dalla Dda verso le 11,40 del 31 ottobre del 2003 vennero crivellati con 50 colpi di arma da fuoco Sebastiano Caterino e suo nipote Umberto De Falco a bordo di una Volkswagen Golf GTI condotta da Caterino. La marcia della vettura venne arrestata da due Alfa Romeo una guidata da Enrico Martinelli e l'altra a bordo della quale c'era il commando killer a cui avrebbero preso parte Pasquale Spierto e Bruno Lanza (che hanno proceduto con rito abbreviato) che esplose 50 colpi di arma da fuoco (37 proiettili calibro 5,56 e 13 calibro 12) all'indirizzo delle vittime.

Per Caterino non ci fu scampo: morì crivellato di colpi. Il nipote Umberto De Falco venne ferito gravemente per poi morire qualche ora dopo l'agguato in ospedale. L'ordine di condanna a morte per Sebastiano Caterino e suo nipote come chiarito da Lanza avvenne dalla cupola casalese ovvero da Antonio Iovine, Michele Zagaria, Giuseppe Caterino, Francesco Schiavone alias Cicciariello che hanno proceduto per la medesima imputazione con rito abbreviato insieme a Giuseppe Misso, Nicola Panaro, Enrico Martinelli, Claudio Giuseppe Virgilio. Il collaboratore di giustizia ha inoltre chiarito l'apporto fornito dalla famiglia Moronese in particolare da Raffaelina Nespoli che chiamavano 'zia' che forniva al gruppo di fuoco acqua e caffè durante i lunghi appostamenti.

"Gli appostamenti a Santa Maria Capua Vetere durarono 6/7 giorni prima dell'omicidio - ha detto ancora Lanza - Il giorno stesso partimmo da quella casa dopo che Martinelli ricevette la chiamata dallo specchiettista. All'epoca lo specchiettista era Ciccio e Brezza (Francesco Zagaria). Le armi utilizzate per l'agguato erano nelle due Alfa Romeo sui sedili posteriori parcheggiate nel cortile della casa ( della famiglia Moronese) chiuso con un cancello". Lanza ha poi ricostruito il giorno del sanguinario delitto del 'nemico di Schiavone' in cui perse la vita il nipote De Falco perché in compagnia dello zio."Nella prima Alfa Romeo c'erano Vincenzo Schiavone,Oreste Caterino,Massimo Vitolo, Vincenzo Conte; nella seconda io, Pasquale Spierto, Enrico Martinelli. Fu la macchina guidata da Schiavone che sbarrò la strada a quella di Caterino e nel farlo danneggiò la parte anteriore. Esplosero i primi colpi col fucile e poi diedero a noi nella seconda macchina la possibilità di finire il lavoro. Io sparai con un fucile lato passeggero,Spierto lato guidatore. La prima macchina era stata danneggiata da Schiavone e gli altri si divisero nella nostra auto. Quella danneggiata la bruciammo nelle campagne lì vicino. Con l'altra Alfa Romeo andammo in una masseria a Santa Maria La Fossa dove nascondemmo le armi poi ci spostammo con una macchina che era lì per noi e in quella di Claudio Giuseppe Virgilio".

Nel corso dell'udienza sono stati acquisiti i verbali degli interrogatori resi da Giuseppe Misso e Francesco Cicciariello Zagaria. A chiarimento del coinvolgimento di Corrado De Luca il suo legale ha chiesto ai pentiti se avessero mai commesso omicidi o attività delittuose per conto del clan dei Casalesi con De Luca ricevendone risposta negativa. Nella prossima udienza saranno escussi il collaboratore Massimo Vitolo e Giuseppe Messori.

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Paolo Raimondo, Giuseppe Stellato, Domenico Della Gatta per gli imputati; Giuseppe Conte, Carlo Iorio, Mauro Iodice per le costituite parti civili.

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