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Cronaca Casal di Principe

Chiuso il processo alla cellula dei Casalesi. Gli audio delle intercettazioni nel fascicolo dei giudici

Il presidente della Regione Zaia tra gli ultimi testimoni: "Non siamo immuni da fenomeni di criminalità organizzata"

Dopo oltre 4 anni dagli arresti si chiude il maxi processo sulle presunte infiltrazioni da parte del clan dei Casalesi in Veneto, in particolare nella zona di Eraclea, con la cellula guidata da Luciano Donadio. La corte presieduta dal giudice Roberto Manduzio del tribunale di Venezia, infatti, ha dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale con le parti che si preparano alle discussioni che cominceranno dalla requisitoria dei pm della Dda Roberto Terzo e Federica Baccaglini. La requisitoria si protrarrà per almeno 4 udienze poi prenderanno la parola le parti civili e via via le difese degli imputati. 

Nel corso dell'ultima udienza la Dda ha depositato 7 dispositivi dvd con le tracce delle intercettazioni non trascritte. I giudici le hanno ammesse al fascicolo dibattimentale limitandone l'utilizzabilità a quelle che sono state oggetto del processo e che sono state citate nel corso dell'esame degli imputati. 

Un processo lunghissimo nel quale sono sfilati in aula anche big della politica tra cui l'ex ministro dell'Interno Luciana Lamorgese (già prefetto di Venezia) ma anche il governatore del Veneto Luca Zaia, con la Regione che si è costituita parte civile. Nel corso della sua deposizione, tra le ultime del processo, Zaia ha ribadito proprio i motivi che hanno spinto la Regione a costituirsi al processo. "Prima eravamo convinti, e forse avevamo la presunzione di essere indenni da questi fatti; oggi non abbiamo più questa convinzione e abbiamo la certezza che abbiamo infiltrazioni malavitose e mafiose anche in Veneto - ha detto in aula - Ho fatto il mio dovere - ha sottolineato -, la Regione si è costituita parte civile e sono venuto a deporre come deve fare ogni cittadino. La Regione potrebbe anche, nonostante la legge, non costituirsi parte civile. La legge lo prevede e credo quindi sia un obbligo denunciare quando qualcosa non va", ha ribadito. 

Il processo riguarda le attività di stampo mafioso riscontrate nel Veneto orientale, tra Eraclea e San Donà di Piave. Numerosi gli imputati che in parte hanno patteggiato, mentre altri sono sotto giudizio per giri di appalti non trasparenti, usura, estorsioni, fondi neri e altro ancora. Secondo quanto emerso dalle indagini il gruppo, guidato da Donadio e Raffaele Buonanno, entrambi di Casal di Principe, si era insediato nel Veneto dagli anni '90 andando a rilevare le attività che erano sotto l'egemonia della Mala del Brenta. In questo modo il gruppo legato al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, era riuscito a conquistare il controllo del tessuto economico veneto, dall'edilizia alla ristorazione, oltre ad imporre un "aggio" per il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione. L'organizzazione criminale, dedita all'usura ed all'estorsione, avrebbe destinato, secondo gli inquirenti della Dda, parte dei proventi illeciti per sostenere i carcerati di alcune famiglie storiche del sodalizio Casalese. 

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Giuseppe Brollo, Giuseppe Stellato, Alberini, Gentilini, Antonio Sforza, Emanuele Fragrasso, Porta e Stefania Pattarello.

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