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Cronaca Castel Volturno

Cartella clinica falsificata dopo morte 29enne: al via il processo

Ammesse le parti civili mentre la difesa solleva il caso del consulente: "E' incompatibile"

Al via il processo per la cartella clinica falsificata per evitare problemi giudiziari legati alla morte di Francesca Oliva, 29 anni di Gricignano d'Aversa, deceduta nel 2014 alla clinica Pineta Grande di Castel Volturno per una grave setticemia insieme a due dei tre gemelli che portava in grembo (solo una bambina sopravvisse).

Il processo

Il giudice monocratico Norma Cardullo ha ammesso le parti civili: l'avvocato Raffaele Costanzo per i familiari della vittima e l'avvocato Lara Vastarella per il medico Renato Bembo che per la presunta alterazione della cartella clinica ha subito un processo per omicidio colposo dal quale è stato poi assolto. Ammesse le richieste istruttorie con l'esame e controesame degli imputati, l'acquisizione della sentenza del processo per omicidio colposo emessa dal giudice Carotenuto, le trascrizioni delle intercettazioni, con l'elenco che sarà depositato dal pubblico ministero Gerardina Cozzolino nel corso della prossima udienza fissata a inizio febbraio. 

Difesa chiede esclusione del tecnico

La difesa degli imputati ha chiesto l'esclusione del consulente tecnico Ricci per incompatibilità. E' l'autore, infatti, del sistema Argos e socio della società Dedalus, produttrice proprio del sistema Argos per la gestione delle cartelle cliniche telematiche alla clinica Pineta Grande. Istanza su cui il giudice si è riservato. L'udienza è stata aggiornata all'inizio di febbraio per il deposito delle intercettazioni mentre alla fine dello stesso mese è previsto lo scioglimento delle riserve e l'eventuale nomina del perito che dovrà trascrivere le captazioni. 

Le accuse

Sotto processo sono finiti il patron della clinica Vincenzo Schiavone, i medici Stefano Palmieri, Gabriele Vallefuoco e Giuseppe Delle Donne e due tecnici. Secondo l'accusa gli imputati avrebbero manomesso la cartella clinica dopo il decesso di Francesca, avvenuto il 24 maggio del 2014. Prima avrebbero cancellato le parole "malessere generale" annotate in cartella  il 23 maggio dal collega Renato Bembo e la prescrizione del farmaco Unasyn (poi inserito nuovamente dopo la morte e retrodatato alla data del ricovero). Poi avrebbero compilato le note del ricovero dopo la morte della paziente aggiungendo le parole: "gravidanza indotta con Fivet paziente sottoposta a cerchiaggio, esibisce esami che evidenziano leucocitosi, neutrofilia praticato in ecografia". Due ore dopo il decesso di Francesca, inoltre, sarebbero state aggiunte anche parole alla visita ostetrica effettuata il 22 maggio: "all'atto non si apprezzano perdite atipiche". 

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giuseppe Stellato, Claudio Sgambato, Laura Serpico, Raffaele Vanacore, Gianfranco Antonelli, Luigi Vallefuoco e Paolo Maria di Napoli. 

Il dramma di Francesca

Francesca Oliva morì per setticemia mentre portava in grembo tre gemelli (solo una femminuccia è sopravvissuta). Era stata ricoverata prima all’ospedale di Giugliano e poi alla clinica di Castel Volturno. Dopo le minacce di aborto, il suo medico, il 7 maggio, le aveva praticato un cerchiaggio cervicale a fronte della presenza di una significativa leucocitosi con neutrofilia del 77%, emersa dagli esami del sangue. Era in atto una contaminazione batterica. Qualche giorno dopo, uno dei suoi tre bambini, il maschietto, morì. Il 23 maggio si decise di praticare il cesareo, per far nascere i bambini alla venticinquesima settimana di gestazione. Il maschietto era già morto, mentre una delle due femminucce, sopravvisse al parto, ma morì dopo 24 ore per scarsa maturità dell’apparato respiratorio. L’unica sopravvissuta fu una bambina, Maria Francesca, trasferita all’ospedale “Santobono” di Napoli e salvata dai medici di quella struttura.

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