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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

Nuove leve dei Casalesi: processo immediato per 39 imputati

A giudizio i nuovi gruppi degli Schiavone e dei Bidognetti. Alla sbarra anche Gianluca, Katia e Teresa figli del boss Cicciotto 'e mezzanotte

Sarà processo con immediato per 39 indagati nella maxi operazione dei carabinieri del comando provinciale di Caserta, coordinata dalla Dda di Napoli, sulla riorganizzazione del clan dei Casalesi, in particolare delle fazioni Schiavone e Bidognetti.

È quanto disposto dal gip Isabella Iaselli del tribunale di Napoli che ha accolto la richiesta di giudizio immediato presentata dai Sostituti Procuratori della Dda di Napoli Maurizio Giordano, Graziella Arlomede, Fabrizio Vanorio, Vincenzo Ranieri. Dovranno presentarsi agli inizi del mese di giugno dinanzi la Prima Sezione del tribunale di Napoli Nord, in composizione collegiale, Gianluca Bidognetti, alias Nanà, e le sorelle Katia e Teresa - figli del boss Francesco Bidognetti. Processo anche per, Nicola Kader Sergio, alias o mastrone; Salvatore Gabriele, alias o spagnuolo; Nicola Garofalo, detto Lino Badoglio; Antonio Lanza, detto o piotta; Giosuè Fioretto, alias o zio; Giacomo D’Aniello, alias mimí o mister; Angelo Zaccariello; Giovanni Stabile, Antonio Stabile detto Tony; Giuseppe Spada o zingaro; Vincenzo D’Angelo, Federico Barrino, o pacciott; Vincenzo Simonelli, alias papele; Francesco Cerullo alias Ciccio; Ernesto Corvino; Giovanni Corvino; Emiliana Carrino; Carlo D’Angiolella; Teresa Bidognetti; Annalisa Carrano, alias Lulù; Francesca Carrino, alias Checca; Agostino Fabozzo; Luigi Cirillo; Marco Alfiero; Onorato Falco; Pietro Falco; Clemente Tesone; Giovanni Della Corte, alias Cucchione; Franco Bianco, alias Mussulin; Salvatore De Falco; Vincenzo Di Caterino; Giuseppe Di Tella, alias Peppe Mattone; Giuseppe Granata; Biagio Francescone; Felice Di Lorenzo; Francesco Sagliano; Francesco Barbato; Luigi Mandato. 

Agli indagati oltre al reato associativo, sono stati contestati diversi reati fine quali estorsioni in danno di numerosi operatori commerciali (al fine di piegarne la volontà, un imprenditore sarebbe stato attinto alle gambe da colpi d’arma da fuoco), traffico di sostanze stupefacenti e contestuale controllo dell’attività di cessione di droga realizzato da terzi soggetti, che sarebbero stati costretti a versare denaro a esponenti del clan per garantirsi la gestione delle piazze di spaccio.

Nell’arco di oltre tre anni di investigazioni  è stata accertata l’operatività delle due fazioni  del clan dei Casalesi consentendo di appurare, tra l’altro: lo svolgimento di incontri tra esponenti di vertice delle due fazioni criminali finalizzati a concordare il ripristino di una “cassa comune”, pur mantenendo la loro sostanziale autonomia nei termini operativi, economici e territoriali storicamente a loro appartenuti. Un indagato, inoltre, avrebbe curato la pianificazione e la realizzazione delle dinamiche criminali della fazione Schiavone al fine di attuare il controllo capillare del territorio e il reperimento di somme di denaro indispensabili per il sostentamento del gruppo, affermandosi quale punto di riferimento non solo per gli affiliati ma anche per coloro che, sebbene non contigui al sodalizio, consapevoli della sua posizione di vertice, a lui si sarebbero rivolti al fine di giungere alla soluzione di controversie e dinamiche private in puro stile ‘Il sindaco del Rione Sanità' di Eduardo De Filippo.

Per quanto riguarda il gruppo Bidognetti è emerso che sarebbe stato ancora organizzato grazie ai figli dello storico boss. In particolare, il clan sarebbe stato gestito da Gianluca Nanà Bidognetti, il quale, sebbene detenuto, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti nella struttura carceraria – e rinvenuti con l’ausilio di personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, impartendo ordini e direttive funzionali alla direzione della fazione e a promuovere le attività illegali eseguite da sodali liberi, arrivando a organizzare un progetto omicidiario nei confronti di un noto affiliato. Le altre due figlie dello storico capoclan, in ragione della loro appartenenza alla famiglia, avrebbero invece continuato a percepire stabilmente somme di denaro provento delle diverse attività delittuose.

Il gruppo dei Bidognetti avrebbe esercitato il controllo delle attività delle agenzie di onoranze funebri dell’agro aversano, in virtù di accordi criminali stretti già negli anni ’80, attraverso un “consorzio di imprese”, che è stato sottoposto a sequestro; avrebbe condotto attività usuraie (con la cessione di somme di denaro in favore di imprenditori e cittadini, che, sebbene in condizioni di forte difficoltà economica, si sarebbero visti applicare tassi d’interesse finanche del 240%); avrebbe avuto la disponibilità di armi attraverso le quali avrebbe espresso la propria forza intimidatrice per assicurarsi il controllo del territorio.

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Ferdinando Letizia, Carlo De Stavola, Giuseppe Stellato, Domenico Dello Iacono, Domenico Della Gatta, Alfonso Quarto, Giovanni Cantelli, Carmine D'Aniello, Michele Basile, Tammaro Diana, Patrizio Della Volpe, Valentina Ciervo, Maria Grazia Padule, Maria Di Cesare, Angelo Raucci, Umberto Costanzo, Pasquale Diana, Valeria Maffei, Giuseppe Guadagno, Enrico Iascone Maglieri, Mario Griffo, Marco Trasacco, Fabio Della Corte, Amalia Caliendo, Francesco Saverio Petrillo, Claudio Sgambato, Dario Carmine Procentese, Luigi Poziello, Giovanni Sibilio, Giancarlo Biancardi, Pasquale Pianese.

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