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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Marcianise

Omicidio Sagliano: 10 arresti nel clan Belforte. Ricostruito omicidio di camorra compiuto otto anni fa

Marcianise - La Squadra Mobile di Caserta, coordinata dalla Procura Distrettuale di Napoli, ha eseguito dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti esponenti del Clan Belforte di Marcianise, in relazione al reato...

La Squadra Mobile di Caserta, coordinata dalla Procura Distrettuale di Napoli, ha eseguito dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti esponenti del Clan Belforte di Marcianise, in relazione al reato di omicidio, detenzione e porto di armi comuni e da guerra e rapina. Le misure restrittive si riferiscono all'omicidio di un ventenne, avvenuto nell'ottobre 2003, che aveva partecipato ad attività estorsive contro imprenditori già taglieggiati dai Belforte, per conto dell'opposto clan dei Piccolo, che, sin dagli anni '90, gli contende il controllo delle attività criminose nel comprensorio di Caserta, Marcianise ed i comuni contigui al capoluogo.
Ecco l'elenco dei destinatari della custodia cautelare: Michelangelo Amato, 35 anni di Capodrise; Pasquale Aveta, 34enne di S.Nicola la Strada, detenuto; Camillo Antonio Bellopede, 32 anni di Marcianise; Antonio Della Ventura, 47 anni residente a Caserta, detenuto; Vincenzo De Simone, 35 anni di Marcianise; Vittorio Musone, 60enne di Capodrise, detenuto; Gaetano Piccolo, 52 enne residente a Capodrise, alias "'o ceneraiuolo", detenuto; Luigi Trombetta, 55 anni di Marcianise, detenuto; Antonio Zarrillo, di Capodrise 44 anni; Francesco Zarrillo, 42enne di Capodrise, cugino di Antonio, detenuto.
Ad otto anni di distanza (l'omicidio risale al 3 ottobre del 2003), quindi, le indagini degli agenti della Squadra Mobile di Caserta, supportate da intercettazioni e dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno permesso di fare luce l'omicidio di Francesco Sagliano, maturato nell'ambito della faida che contrappone, dagli anni '90, i Belforte detti i "Mazzacane" al clan Piccolo "Quaqquaroni" per il controllo delle attività illecite nel comprensorio di Marcianise.
Le indagini hanno permesso di ricostruire anche il ruolo di tutti i responsabili dell'omicidio. Oltre ai mandanti Musone, Trombetta e Piccolo, ne furono esecutori materiali Pasquale Aveta, Francesco Zarrillo, Domenico Cuccaro e Antonio Gerardi, questi ultimi due poi divenuti collaboratori di giustizia; mentre Michelangelo Amato, Camillo Antonio Bellopede e Vincenzo De Simone, svolgevano il ruolo di specchiettisti ed avvistatori della vittima. Invece, Michele Froncillo, anch'egli divenuto collaboratore di giustizia, Antonio Zarrillo e Antonio Della Ventura procacciarono le armi utilizzate nel raid.
Un brutale omicidio che fece incassare a ogni componente del commando armato 3mila euro in contanti e un orologio Rolex. L'uccisione di Sagliano, allora ventenne, fu decisa dai reggenti del clan Belforte perché aveva partecipato alla richiesta di estorsioni, per conto dei Piccolo, nei confronti di imprenditori già taglieggiati dai Mazzacane. Le indagini hanno permesso di ricostruire il ruolo di tutti i responsabili dell'omicidio portando, all'alba di oggi, all'esecuzione di dieci ordinanze di custodia cautelare.
Particolarmente efferate furono le modalità con le quali fu ucciso il giovane. Il gruppo di fuoco attese la vittima sotto l'abitazione della fidanzata a Recale. Non appena la ragazza scese dall'auto e varcò il portone, la vettura dei killer cercò di bloccare Sagliano che, però, tentò la fuga. Ne nacque un lungo inseguimento che, da Recale proseguì attraverso Capodrise fino a Marcianise, dove Sagliano imboccò una strada nella quale vi era un cantiere concludendo la marcia negli scavi per la realizzazione della rete fognaria. I killer, che, già durante l'inseguimento avevano esploso decine di colpi, lo raggiunsero. Il giovane, forse già ferito a un fianco, crollò a terra, ma venne raggiunto da altri proiettili nonostante implorasse pietà. Uno dei sicari, inoltre, infierì ripetutamente sul volto della vittima con un calcio di un fucile. La vettura del commando armato, bloccata in una buca del cantiere, venne incendiata mentre i killer, per continuare la propria fuga, rapinarono una Renault Clio a un automobilista terrorizzato che aveva assistito alle fasi finali dell'agguato. Le armi utilizzate per la spedizione omicida furono un fucile da caccia calibro 12, un mitra kalashnikov, una pistola semiautomatica e un revolver, tutte abbandonate sul luogo dell'omicidio.

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