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Domenica, 28 Aprile 2024
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"Vi ho sputtanato e ne sono fiero". Lo sfogo di Saviano dopo la sentenza

L'autore di Gomorra commenta la decisione della Cassazione in merito al plagio: "Questa storia processuale infinita è solo un modo per tenere sotto scacco uno scrittore"

"Vi ho sputtanato e ne sono fiero". E' il commento di Roberto Saviano che si lascia andare ad un duro sfogo dopo l'annullamento, stabilito dalla Corte di Cassazione, della sentenza della Corte di Appello di Napoli che nel 2016 aveva ridotto il risarcimento da 60mila a 6mila euro per il danno causato alla società Libra Editrice per il plagio di tre articoli di cronaca tratti dal 'Corriere di Caserta' e 'Cronache di Napoli' contenuti in 'Gomorra' (da pagarsi in solido tra l'autore del libro e la casa editrice). 

"La vicenda giudiziaria che mi vede “colpevole di plagio” ai “danni” di due quotidiani (giudicati dal Gip di Roma) contigui agli ambienti camorristici che ho denunciato in Gomorra è una storia infinita, infinita quasi come quella di Atreju, con cui in effetti qualcosa questi giornalisti e questi editori hanno a che fare - commenta sui social Saviano - Gli editori di Cronache di Napoli e del Corriere di Caserta mi detestano da quando li ho portati in televisione, da quando ho svelato come, attraverso le loro pagine, i detenuti per camorra scambiavano messaggi con gli affiliati a piede libero. Mi detestano da quando ho raccontato la vicenda di Enzo Palmesano (insieme a Nadia Toffa), il giornalista licenziato dal Corriere di Caserta (oggi Cronache di Caserta) per ordine di un boss di camorra. Ma mi detestano ancora di più perché in Gomorra ho citato due loro articoli senza indicarne la paternità ma scrivendo solo: “secondo giornali locali”. Furbescamente mi si vuol far passare per falsario, ma chiunque abbia una copia di Gomorra in casa può verificare che non mi sono mai attribuito la paternità di quei due articoli vergognosi". 

"Vedete, mi facevano talmente schifo quelle due testate, che esaltavano le gesta amatorie di Nunzio De Falco, mandante dell’omicidio di Don Peppe Diana, che definivano Don Diana “camorrista”, che non ho voluto macchiare la mia penna facendo i loro nomi. Questa storia processuale infinita è solo un modo per tenere sotto scacco uno scrittore, e nella maniera più vile per giunta: insinuando che io abbia copiato. Ho solo riportato quelle parole vergognose attribuendole a ignoti quotidiani locali, rifiutandomi di citare gli autori: quotidiani che hanno agito da megafono dei clan. Svelati i loro metodi e i rapporti ambigui con la malavita, mi hanno fatto causa. Ma io sono qui, come sempre, a pagare per le scelte che faccio. Mi chiamate “falsario”, “plagiatore”, “truffatore”, ma la verità è che vi ho sputtanato e questo non me lo perdonerete mai", conclude Saviano.

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