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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Grazzanise

Promette posti di lavoro in cambio di soldi: sacerdote condannato per truffa

Il giudice Pellegrino ha inflitto un anno e 7 mesi al parroco che avrebbe incassato 73mila euro da un imprenditore

Un anno e 7 mesi di reclusione, il pagamento di una provvisionale di 15.000 euro immediatamente esecutiva oltre al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili.

È stata questa la decisione del giudice monocratico Marzia Pellegrino del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di don Sergio Clemente, 54enne, di Grazzanise ed ex parroco della Parrocchia San Martino Vescovo di Grazzanise, in località Brezza, accusato di truffa aggravata. La Procura sammaritana aveva richiesto un anno di reclusione.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti il parroco, poi allontanato nell'imminenza dell'apertura delle indagini nell'ottobre 2017, fece credere ad un imprenditore edile che avrebbe ottenuto l'affidamento di un appalto di rilevante valore in particolare, di svolgere dei lavori presso il vescovato di Capua del valore di 2 milioni e 600 mila euro, previo però versamento di varie somme di denaro da elargire ai membri della commissione. Inoltre, fece credere al professionista che avrebbe trovato un posto di lavoro alla figlia presso la banca Unicredit ove millantava il credito in ragione del suo ufficio religioso rappresentando la necessità di versare ulteriori somme di denaro necessarie per "impegnare un suo amico" che decideva delle assunzioni presso l'istituto di credito.

Don Clemente quindi per la presunta attività di intermediazione si sarebbe fatto consegnare dal costruttore ben 73.000 euro suddivisi in 58.000 euro per il presunto appalto milionario dei lavori presso la Curia capuana e 15.000 euro per la presunta assunzione della figlia presso la banca fiduciaria della Curia. I lunghi tempi di attesa insospettirono la vittima che denunciò tutto alla stazione carabinieri di Grazzanise.

Nel collegio difensivo sono stati impegnati gli avvocati Massimiliano Di Fuccia e Antonio Mirra per la parte offesa, Paolo Raimondo per l'imputato.

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