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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Torture in carcere, testimone 'minaccia' agente imputato: "Ora non fai più il guappo"

D'Avino chiede maggiori tutele per i detenuti chiamati a riferire sui fatti avvenuti il 6 aprile: "Se io voglio domani non viene più nessuno"

"M' stev accirenn a me. Mò non lo fai più o' guapp'?". Bagarre nel processo sui pestaggi avvenuti al carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020. Uno dei detenuti chiamati a testimoniare, Bruno D'Avino, avrebbe rivolto 'minacce' all'imputato Angelo Bruno, agente oggi in pensione, facendo scoppiare un vero e proprio putiferio. 

Le ammissioni sulla protesta del 5 aprile

D'Avino, nel corso della sua testimonianza dinanzi alla Corte d'Assise presieduta dal giudice Roberto Donatiello, ha ripercorso i fatti avvenuti il 5 aprile, il giorno prima dei pestaggi, spiegando la protesta dei reclusi del reparto Nilo che occuparono le sezioni rifiutandosi di rientrare in cella. Ha ammesso di essere stato uno dei promotori di quella protesta, di aver coperto le telecamere e di aver minacciato gli agenti di lanciare olio bollente piazzando sotto il vetro di una stanza due pentole piene di thé. 

Le minacce all'agente: "Mo non lo fai più 'o guapp?"

Poi, in un momento di pausa, si sarebbe rivolto a Bruno: "M' stev accirenn a me. Mò non lo fai più o' guapp'?", avrebbe detto D'Avino. Una frase che è stata colta dai difensori degli agenti (complessivamente sono a processo 105 persone) che hanno denunciato le minacce. La tensione si taglia a fette. D'Avino rilancia: "A me la tutela chi me la dà che sto da 4 anni in mezzo alle guardie?", ha denunciato, "io come altri miei amici veniamo qua sopra e mettiamo il coraggio, ci mettiamo il coraggio noi, però a noi nessuno ci difende. Questa è la cosa che io voglio fare capire. Se tra di noi iniziamo a parlare, “noi dobbiamo andare a fare un processo, a noi nessuno ci para le spalle", ci passa lo stimolo, la verità proprio. Questo è tutto. Io sto in galera, giusto per farvi capire". E ancora una frase inquietante: "se voglio io, domani questo processo non si fa più, non viene più uno a testimoniare qua sopra", ha detto.

La protesta delle difese: "Il processo è pilotato"

Frasi che hanno fatto saltare dalle sedie i difensori degli imputati. "Questo processo è pilotato, i testi pilotano il processo", ha tuonato l'avvocato Rosario Avenia. Gli avvocati Carlo De Stavola ed Angelo Rauccci hanno ribadito come il teste D'Avino avesse ammesso di aver proferito minacce ai danni degli agenti e quindi andrebbe escusso in presenza di un difensore di fiducia. Una questione che i giudici hanno respinto evidenziando come non vi sia collegamento tra i presunti reati ammessi e le torture del 6 aprile, oggetto del processo e per le quali D'Avino è testimone e vittima.

L'agente imputato: "Temo per la mia incolumità"

In ogni caso l'agente Bruno procederà a denunciare l'accaduto all'autorità giudiziaria, come evidenziato in aula dal suo difensore, l'avvocato Gaudio. Lo stesso Bruno ha poi preso la parola: "Penso che l'hanno visto tutti l'atteggiamento che ha usato, le parole che ha detto. Io comunque ho lavorato per 36 anni in quella realtà e conosco determinate persone, genere di persone che quando dicono certe cose poi dopo ci sta rischio veramente. Questo qua io lo voglio rappresentare per la tutela mia, perché mi preoccupo di questo, perché un soggetto che si permette in un'aula dove ci stanno le alte autorità di comportarsi in questo modo, sinceramente mi preoccupo seriamente, perché poi ha aggiunto, come diceva l'avvocato altre parole, che bastava una telefonata, che lui comunque si è dimostrato che è uno che comanda e poi questa cosa che viene sentita da tutta l'Italia, forse tutto il mondo, non lo so. Io mi preoccupo perché oggi i tempi sono quelli che sono, Presidente, mi devo tutelare e quello che io vorrei è che questa situazione venga presa per la serietà che è", ha detto l'ex agente imputato. Il processo riprenderà la prossima settimana. 

Le accuse

I fatti di cui al processo sono accaduti il 6 aprile del 2020 dopo che il giorno precedente ci fu una protesta dei detenuti in seguito al primo contagio Covid nel penitenziario. La reazione degli agenti fu durissima: bisognava ripristinare l'ordine adottando il "sistema Poggioreale". Circa 200 agenti entrarono in reparto per una perquisizione straordinaria. I detenuti vennero fatti uscire dalle celle e pestati con i manganelli ed umiliati. Molti vennero fatti inginocchiare in una sala dedicata alla socialità con gli agenti che di tanto in tanto li percuotevano. A qualcuno vennero tagliati i capelli e la barba. 

Tra gli avvocati che difendono i detenuti vittime delle aggressioni ci sono: Carmine D'Onofrio (tra i primi a depositare una denuncia per uno dei detenuti facendo avviare l'indagine), Mirella Baldascino, Luca Viggiano, Goffredo Grasso, Elvira Rispoli, Fabio Della Corte, Giuseppe De Lucia, Gennaro Caracciolo, Ferdinando Letizia, Marco Argirò, Pasquale Delisati, Andrea Balletta e Giovanni Plomitallo. A rappresentare l'Asl di Caserta, invece, l'avvocato Marco Alois mentre l'avvocatura dello Stato si è costituita per il Ministero della Giustizia.  Asl e Ministero della Giustizia sono stati citati anche in qualità di responsabili civili.

Tra i difensori degli imputati sono impegnati - tra gli altri - gli avvocati Giuseppe Stellato, Mariano Omarto, Vittorio Giaquinto, Carlo De Stavola, Raffaele Costanzo, Angelo Raucci, Roberto Barbato, Dezio Ferraro, Elisabetta Carfora, Domenico Di Stasio, Valerio Stravino, Massimo Trigari, Luca Di Caprio, Mario Corsiero, Rossana Ferraro, Ernesto De Angelis, Claudio Botti, Vitale Stefanelli, Michele Spina, Fabrizio Giordano, Raffaele Russo, Valerio Alfonso Stravino, Antonio Leone, Domenico Pigrini, Ciro Balbo, Dario Mancino, Natalina Mastellone, Gabriele Piatto, Carlo De Benedictis, Rosario Avenia, Domenico Scarpone, Eduardo Razzino.

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