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Cronaca Marcianise

Truffe alle assicurazioni: sequestrati 117mila euro. Spuntano legami col clan

I retroscena dell'inchiesta che ha messo nel mirino avvocati e medici

Sequestro di beni per 117mila euro complessivi per sette degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sui falsi incidenti che ha portato a 4 arresti (1 in carcere e 3 ai domiciliari), 8 provvedimenti di interdizione dalla professione (per 2 avvocati e 6 medici) e 23 indagati a piede libero. 

E' questo l'ulteriore tassello dell'operazione eseguita in mattinata dai carabinieri della compagnia del Vomero. Da quanto si apprende, l'associazione criminale sgominata all'alba avrebbe avuto legami con il clan camorristico Puca. Secondo quanto apprende LaPresse, infatti, uno degli arrestati risulta attiguo al sodalizio camorristico.

Le indagini hanno consentito di delineare il modus operandi del sodalizio, all’interno del quale erano ben definiti i ruoli di capo, promotori e partecipi e tra i quali figurano due avvocati e diversi medici, tra cui quattro in servizio presso i P.S. degli ospedali di Marcianise e San Giovanni di Dio di Frattamaggiore, mentre altri due operavano in centri diagnostici privati.

Il meccanismo prevedeva un’iniziale fase di pianificazione della dinamica del sinistro con l’individuazione delle parti da coinvolgere, dei finti testimoni, del medico e del pronto soccorso di riferimento da cui farsi rilasciare referti per inesistenti lesioni; successivamente, venivano coinvolti i sanitari dei centri diagnostici e dei poliambulatori presso i quali venivano effettuate le visite successive a quelle di pronto soccorso ed i carrozzieri compiacenti che avevano il compito di predisporre la documentazione falsa relativa ai danni subiti dai veicoli coinvolti, in maniera compatibile con le lesioni riscontrate. 

A questo punto entravano in gioco gli avvocati che istruivano le pratiche per falsi sinistri stradali e che concordavano le dichiarazioni dei finti testimoni. In almeno due occasioni sono state accertate anche dichiarazioni testimoniali da parte di due soggetti risultati poi inesistenti.

Quando gli indennizzi venivano rimborsati alla vittima dell'incidente, quei soldi venivano ripartiti tra tutti i componenti della banda. Dalle indagini, è emerso che "l’indennizzo non veniva versato al soggetto che aveva l’incidente perché gliene spettava solo una parte. Gli introiti venivano infatti suddivisi tra tutti i partecipanti che realizzavano i vari step".

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