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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca San Marcellino

Pizzo a imprenditore per 'mettersi a posto', condannato a 8 anni

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato da un 64enne di San Marcellino

Sentenza confermata per estorsione aggravata: condannato a 8 anni di reclusione. La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza confermando la responsabilità di un cittadino di San Marcellino, il 64enne M. D. S., per il reato di estorsione aggravata in concorso ai danni di un imprenditore edile. Il ricorrente è stato condannato a 8 anni di reclusione e una multa di 8000 euro. La sentenza della Corte di appello di Napoli, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Napoli emessa il 17 novembre 2020, ha stabilito che l’imputato, insieme ad altri coimputati, avrebbe costretto l’imprenditore edile attraverso minacce e metodi mafiosi a corrispondere una somma di 2200 euro.

Nelle motivazioni della Corte di Cassazione il primo motivo del ricorso presentato dall’avvocato riguardava la presunta violazione di legge e vizio di motivazione riguardo all’aggravante delle più persone riunite. Il ricorrente contestava di non essere mai stato presente insieme agli altri coimputati di fronte alla vittima e sostenendo di non essere consapevole dell’azione congiunta di almeno altre due persone. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che vi fosse una presenza simultanea di due correi in almeno due occasioni e che l’imputato fosse consapevole dell’azione congiunta. Il secondo motivo del ricorso riguardava l’uso del metodo mafioso, che il ricorrente sosteneva non poter essere riferito anche a lui, avendo preso le distanze dalle condotte dei coimputati. Tuttavia, la Corte ha stabilito che l’azione del ricorrente di chiedere una somma di denaro per la cosiddetta “messa a posto” di un cantiere edile era già di per sé riconducibile al metodo mafioso. 

Il terzo motivo riguardava la non ritenuta applicabilità della circostanza attenuante di cui all’articolo 114 del codice penale. La Corte ha respinto il motivo, sostenendo che l’attenuante della minima partecipazione al fatto pluripersonale non si applica quando ricorrono circostanze aggravanti o quando il numero dei concorrenti nel reato è pari o superiore a cinque. Il quarto motivo riguardava il diniego della circostanza attenuante del risarcimento del danno. La Corte ha respinto il motivo, sostenendo che il risarcimento del danno deve essere integrale e che la valutazione spetta al giudice, che può disattendere dichiarazioni satisfattive fatte dalla parte lesa. Infine, il quinto motivo riguardava la mancata riduzione della pena per il rito abbreviato condizionato.

La Corte ha stabilito che il giudice di appello deve valutare la legittimità del rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato, verificando la novità e la decisività della prova. Insomma la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’avvocato confermando la decisione della Corte di Appello.

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