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Venerdì, 26 Aprile 2024
Attualità Casal di Principe

I familiari delle vittime innocenti di camorra scrivono a Mattarella: "Qui le nostre vite sono state rovinate"

Chiesto un incontro col presidente della Repubblica per spiegare le problematiche della normativa attuale"

I familiari delle vittime innocenti della camorra scrivono al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una lettera indirizzata a chi ha condiviso lo stesso dolore, una lettera per chiedere il riconoscimento dello status di 'vittime innocenti' dopo che le loro istanze si sono schiantate contro il muro della burocrazia.

Giovedì l'incontro a Casa don Diana, a Casal di Principe. Un flash mob per far sentire ancora una volta la loro voce, troppo spesso inascoltata dallo Stato. "Siamo, come Lei, familiari di vittime innocenti della criminalità organizzata. Siamo padri, madri, figli, sorelle, fratelli di persone uccise perché hanno denunciato la camorra, perché si trovavano sulla traiettoria di un colpo vagante o perché confuse con i reali destinatari dell’agguato camorristico - si legge nella missiva - Le scriviamo da Casal di Principe, perché è in queste terre che le nostre vite sono state rovinate ed è da queste terre che vorremo ripartire per restituire ai nostri giovani, lo spirito di fiducia che a noi è venuto meno".

I parenti di chi ha perso la vita da innocente per mano della camorra hanno ribadito di non comprendere i motivi per cui "ai nostri cari viene negato il riconoscimento di vittima innocente, nonostante ci siano sentenze passate in giudicato e ricorsi vinti. Caro Presidente, ci appelliamo a Lei e mai avremmo voluto farlo perché mai avremmo voluto risvegliare il suo dolore di familiare di vittima innocente della criminalità organizzata ma ci sentiamo costretti perché siamo avviliti". 

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E così i familiari delle vittime innocenti hanno ripercorso il calvario burocratico, dalle lettere a politici e ministri ai dossier per evidenziare "l’errata applicazione delle normative e la miopia di alcuni funzionari che ci riservano un trattamento molto discutibile. Siamo persone con dei vissuti tragici che ancora si ripercuotono sulla nostra quotidianità ed invece, diveniamo carta straccia da cestinare con rigetti di istanze immotivate e chiari errori interpretavi. Ci ostiniamo a conservare buoni sentimenti ma, ci creda, non è semplice farlo quando ricevi solo del male. Quando per irragionevolezza, sei trattato come uno scarto umano da lasciare nel fondo dello squallore di una società ghetto che tutti fanno finta di non vedere pur di salvarsi la coscienza e presentarsi dinanzi agli altri con le mani giunte". 

"Il dolore deve unirci - proseguono - ma per noi sembra che valga una regola diversa. C’è chi vuole dividerci creando un infondato elenco tra vittime innocenti di serie A e vittime innocenti di serie B, eppure così facendo i nostri morti ammazzati senza colpa, ricadranno anche sulle coscienze di coloro che rifiutano di ascoltarci, bollandoci come tardivi. E allora, per quale motivo dovremmo rassegnarci ad essere archiviati come disturbo da eleminare? No, non può esserci pretesa di farci genuflettere, quando ad essere tardiva è la giustizia. Noi esistiamo, esistono le nostre tragedie ed i nostri morti ammazzati da innocenti che meriterebbero pari dignità come altri. Esistono le nostre ragioni che non siamo i soli a sostenere eppure c’è chi puntualmente disattende i doveri cui la società lo richiama. Ce lo spieghi Lei, caro Presidente, perché nella nostra grande Italia lo Stato ci propone la faccia cattiva mentre dovremmo avere semplicemente una carezza. Ci spieghi perché la sicurezza per noi non ha funzionato tanto da lasciare lunghe scie di sangue innocenti sulle nostre strade. Ci spieghi Lei, perché lo stato di diritto è per noi impunemente violato. Ci spieghi quali colpe abbiamo, se siamo nati in terre maledette. Ce lo spieghi, signor Presidente, perché è il solo che può farlo".

Quello a Mattarella "è un grido di aiuto, l’ultimo di una lunga serie già indirizzata ad uffici preposti, a vari rappresentati del Governo, a Commissari e Prefetti. La nostra voce è sempre più debole ma sentiamo la responsabilità di restituire bellezza laddove ci sono state solo tenebre e i nostri figli non devono avere dubbi sullo Stato, non devono temere di trovare Caino travestito".

Un appello "a difesa della speranza nello Stato e nelle sue funzioni, non possiamo lasciare che la memoria dei nostri cari venga ancora oltraggiata. Abbiamo bisogno di un segnale ed è per questa ragione che Le chiediamo di poterLa incontrare di persona per rappresentarLe quanto abbiamo vissuto in questi lunghissimi anni. Le domandiamo la possibilità di essere ricevuti per rispondere anche a tutti i quesiti che vorrà porci. Potrà scrutarci e da solo comprenderà il devastante senso di solitudine di alcuni di noi, assolutamente da disinnescare. Meritiamo di smettere di piangere. L’ultima fiducia è riposta in Lei", concludono.

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