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Il vescovo rilancia sul Macrico e chiede certezza sul Policlinico. "Sul turismo manca visione oltre la Reggia"

Il messaggio di monsignor Lagnese

Messaggi importanti, ricchi di spunti, sui quali ci sarebbe tanto da ragionare. Come era già accaduto lo scorso anno, il vescovo di Caserta Pietro Lagnese, nel ‘Te Deum’ del 31 dicembre, ha affrontato le questioni spinose che avvolgono il Capoluogo e l’hinterland.

Dal Macrico al Policlinico, alla mala movida fino all’emergenza lavoro che colpisce tantissime famiglie casertane. Ecco i passaggi più interessanti del ‘Te Deum’ del vescovo di Caserta Pietro Lagnese.

Il disagio giovanile

Pure a Caserta, anche quest’anno, sono stati numerosi gli episodi di movida violenta che hanno visto protagonisti i nostri giovani. Non vorremo che la nostra città e la nostra provincia venissero ricordate solamente per fatti di violenza e vicende di disordine tali da compromettere una sana e serena vita sociale. C’è bisogno sulle nostre strade e nelle nostre piazze di maggiore sicurezza e, perciò, auspico, a Caserta come negli altri paesi del nostro territorio, un incremento, in special modo, delle forze della polizia municipale, la cui presenza è quanto mai necessaria per la sicurezza e il benessere delle nostre città. Constato con piacere, a tale riguardo, l’impegno dello Stato e dei Comuni nell’implementare i sistemi di videosorveglianza sul territorio. Agli uomini della polizia municipale e a tutte le altre forze dell’ordine che assolvono ad un compito così delicato, quale quello della tutela e della difesa dei cittadini, insieme alla mia gratitudine va il mio pensiero e il mio ricordo nella preghiera. Ai fenomeni di violenza che coinvolgono i nostri giovani bisogna però rispondere prima di tutto con un’opera di prevenzione. Gli atti di violenza sono infatti sintomo di un disagio che non può essere disatteso. I giovani chiedono di essere ascoltati e desiderano incontrare sulla loro strada adulti credibili che sappiano aiutarli a realizzare i loro sogni, testimoni autorevoli che sappiano mettere in loro passioni grandi. Il mondo che li circonda propone, infatti, troppe volte, soltanto esempi di narcisismo e, spesso, di vera idolatria del benessere. Ci troviamo in una evidente situazione di emergenza educativa. C’è bisogno, perciò - come più volte ci ha ricordato il Santo Padre - di un vero e proprio cambio di mentalità, capace di promuovere una vera alleanza educativa che metta insieme famiglia, scuola, parrocchia, mondo del volontariato, capace di generare un nuovo senso di comunità e una nuova appartenenza sociale. Come Chiesa di Caserta vogliamo tentare di fare la nostra parte, non soltanto prendendoci cura dei nostri ragazzi attraverso un’opera di educazione alla fede nelle parrocchie, nei nostri oratori e nelle varie associazioni ecclesiali - per la quale opera ringrazio e sprono i nostri parroci e tutti gli operatori pastorali - ma anche provando a stringere patti di collaborazione con il mondo scolastico e con quello accademico che, su alcuni temi, già è stato attivato e sta producendo già i suoi primi frutti. Esprimo a tale riguardo la mia gratitudine al senato accademico dell’Università Vanvitelli e, in primo luogo, al suo magnifico rettore.

L’aumento dei poveri e delle disuguaglianze

Accanto ai tanti motivi di speranza che mi piace sottolineare, specie in un momento così difficile come questo - non solo per l’Italia, ma per l’intero pianeta - ci sono però altre situazioni di criticità che ci preoccupano non poco e che, ritengo, non possano essere sottaciute ma, al contrario, domandano un rinnovato impegno di tutti e un maggiore senso di responsabilità. Cresce nel mondo, ma pure nel nostro Paese, la povertà e la “forbice” delle disuguaglianze si sta sempre più divaricando, non solo per i redditi, ma anche per la qualità del lavoro. Al momento, nel mondo settecento milioni di persone vivono con meno di due dollari al giorno e il dieci per cento della popolazione mondiale detiene il settantasei per cento della ricchezza. Anche per la nostra provincia le cose non vanno per nulla bene. Aumenta il numero dei poveri che bussano alla nostra Caritas! Il recente rapporto sulla qualità della vita - se si analizzano alcuni indicatori che stimano il tasso di povertà delle famiglie - colloca Caserta agli ultimissimi posti delle province italiane. Su 107 province, Caserta si pone alla posizione 105 per la spesa tra le famiglie in beni durevoli, e alla posizione 103 per il numero di percettori del reddito di cittadinanza. A ciò si associa che il tasso di occupazione per le persone in età lavorativa (dai 20 ai 64 anni) è 6 molto inferiore (46,5%) rispetto alla media nazionale (63,2%). Anche per i Neet, cioè i giovani che non lavorano e non studiano, si riscontrano percentuali allarmanti (32%).

La mancanza del lavoro

Si tratta di una situazione davvero difficile, in alcuni casi drammatica, per la quale sono necessari interventi strutturali dello Stato e che, nell’immediato, richiede che s’intervenga con misure tese a contenere il disagio di tante famiglie che vivono condizioni di vera povertà. Dietro questi numeri e percentuali ci sono infatti tanti volti di persone che soffrono e molte famiglie in pena. Riteniamo però che la vera risposta per loro sia il lavoro: un lavoro equo, onesto, dignitoso e soprattutto sicuro. Non basta, anche se necessaria, l’assistenza; non basta dare un pacco alimentare: occorre il lavoro! “La loro dignità - ha detto Papa Francesco ai sindaci italiani - chiede un lavoro, e quindi un progetto in cui ciascuno sia valorizzato per quello che può offrire agli altri. Il lavoro è davvero unzione di dignità!”. Purtroppo, invece, a Caserta, dopo il Covid, hanno ripreso forza le varie vertenze delle aziende che subiscono le crisi del proprio settore: crisi finanziarie, di delocalizzazione o che patiscono i contraccolpi della guerra in Ucraina. Molti padri e molte madri soffrono il dramma di non avere un lavoro che permetta alle loro famiglie un’esistenza serena, oppure vivono nell’incertezza della cassa integrazione che spesso diventa anticamera del licenziamento. Tra i tanti penso ai lavoratori della Jabil, della Softlab Teck, e a tante altre piccole e medie imprese che guardano con preoccupazione al futuro aziendale e a quello dei loro dipendenti. Bisogna evitare che accada ciò che è successo per Logista Italia che in questi mesi ha chiuso la sede di Maddaloni. Il caso di Jabil e Softlab in particolare è emblematico di come il Meridione e, in special modo, la provincia di Caserta - un tempo definita, per la straordinaria presenza imprenditoriale, come la Brianza del Sud - siano stati metodologicamente deindustrializzati. Non posso non ricordare qui e pregare affinché si trovi una soluzione anche per gli operatori sociosanitari (Oss) del comparto ospedaliero, i quali, dopo oltre dieci anni di precariato, rischiano di perdere il posto di lavoro. Accanto al dramma della povertà e della mancanza di lavoro, ci sono altri temi che richiedono attenzione: penso alla piaga dell’illegalità e della corruzione; al rischio ancora elevato di infiltrazioni camorristiche nei circuiti dell’economia locale; al fenomeno dello spaccio e dell’uso di stupefacenti; al dramma del gioco d’azzardo che pone la nostra provincia ai primi posti a livello nazionale; all’affanno del sistema sanitario nazionale con il sovraffollamento dei pronto soccorso e i ritardi negli esami diagnostici nelle nostre strutture sanitarie; al dramma del lavoro nero; allo stato di clandestinità nel quale sono costretti a vivere tanti immigrati; alla mancata bonifica dei siti inquinati; all’ancora forte presenza di sversamenti di rifiuti, nonostante siano diminuiti i roghi che sono all’origine per il nostro territorio del triste titolo di “terra dei fuochi”.

La costruzione del Policlinico

Una parola desidero dire anche sul Policlinico di Caserta, i cui lavori per la costruzione si protraggono da ormai venti anni e non sembrano avere mai termine. Il territorio casertano ha un grande bisogno di posti letto ospedalieri. Auspico che si possa superare questo stallo dei lavori e che, come recentemente ho avuto modo di apprendere dai media, si arrivi a completare la struttura entro il 2025, anno giubilare. L’apertura del Policlinico potrebbe fungere da volano per l’economia locale, generando posti di lavoro nel settore sanitario e nell’indotto.

Periferie e cura per i beni comuni

C’è poi un altro tema che m’interessa mettere in evidenza: quello della bassa qualità della vita nei comuni del nostro comprensorio, e, in particolare, quello della cura per le periferie e per i beni comuni. Caserta ha le sue periferie molto spesso trascurate e a volte dimenticate. Pensiamo ai borghi collinari e ai quartieri popolari. Ribadisco ancora una volta la mia vicinanza ai residenti del rione Acquaviva e il sostegno al percorso di riqualificazione del quartiere intrapreso dall’amministrazione comunale. Spero che tra questi interventi progettuali possa essere inserita anche la rifunzionalizzazione dei cortili delle case popolari di via Trento - luoghi per lungo tempo abbandonati al degrado e all'incuria - in modo che questi spazi possano diventare aree pubbliche da utilizzare per finalità collettive, in primo luogo per le persone che vi abitano. Vivendo anch’io la Città non posso non notare ciò che vedono con dolore gran parte dei cittadini: una trascuratezza nel decoro urbano e la mancanza di manutenzione dei beni comuni: strade dissestate e aree verdi a volte abbandonate o non curate. Con piacere constato il favore con cui è stato salutato il restauro della villetta padre Pio e come siano tante le famiglie con i loro piccoli che la frequentano. Spero che altri luoghi di aggregazione e socialità possano vedere la luce in Città a incominciare dai quartieri delle periferie. Papa Francesco, all’inizio di quest’anno, sempre parlando all’Anci, diceva che partire dalle periferie non vuol dire escludere qualcuno; si tratta invece di una scelta di metodo e non di una scelta ideologica: partire dai poveri per servire il bene di tutti. E aggiungeva: “occorre investire in bellezza laddove c’è più degrado, in educazione laddove regna il disagio sociale, in luoghi di aggregazione sociale laddove si vedono reazioni violente, in formazione alla legalità laddove domina la corruzione”. E nella Laudato si’: gli spazi pubblici, i quadri prospettici e i punti di riferimento urbani di una Città, “accrescono il nostro senso di appartenenza, la nostra sensazione di radicamento, il nostro ‘sentirci a casa’ all’interno della città che ci contiene e ci unisce”. E aggiungeva: “è importante che le diverse parti di una città siano ben integrate e che gli abitanti possano avere una visione d’insieme invece di rinchiudersi in un quartiere, rinunciando a vivere la città intera come uno spazio proprio condiviso con gli altri” (151).

La Reggia e gli altri siti storico-culturali

Auspico che i numerosi finanziamenti del PNRR annunciati possano consentire la realizzazione di tante opere in favore della nostra Città, e che Caserta sappia favorire quell’integrazione tra le parti, tra centro e periferie, così come tra siti storico-culturali e luoghi della vita quotidiana. La nostra Città ha al suo interno la Reggia. Patrimonio mondiale dell’Unesco, il Palazzo voluto dai Borbone è uno dei siti tra i più visitati in Italia, con record di turisti, specialmente in questo anno. Eppure, sembra che la Città non ne tragga affatto beneficio: mi sembra un fatto paradossale che chiama in causa non solo gli amministratori locali ma lo Stato e gli altri enti locali, e chiede un cambio di mentalità dei singoli e delle Istituzioni. Ospitare in Città la Reggia, così come gli altri siti artistici del Belvedere di San Leucio e di Casertavecchia, dovrebbe infatti significare per Caserta un beneficio enorme sia per qualità della vita, sia per ciò che attiene a posti di lavoro. Sembra invece mancare del tutto una visione, un’anima turistica che sappia fare tesoro delle bellezze del nostro territorio e rendere al contempo la Città migliore, più ospitale e accogliente.

L’area dell’ex Macrico

A questo piano, in un’ottica d’integrazione e di visione d’insieme, vorremmo che potesse contribuire la riqualificazione dell’area dell’ex Macrico. Lo scorso anno in questo stesso giorno, durante la celebrazione di ringraziamento di fine anno, diedi l’annuncio della decisione assunta dalla Chiesa di Caserta di mettere a disposizione della Città e a servizio del bene comune quel polmone verde per troppi anni rimasto chiuso e abbandonato. In questo anno tanto è stato fatto, soprattutto in termini di partecipazione e di coinvolgimento della Città, a incominciare dai giovani, dalle associazioni e dalle scuole. Ma non solo: è nata la Fondazione diocesana Casa Fratelli Tutti che avrà il compito di seguire il processo rigenerativo dell’area; è stata richiesta e ottenuta l’autorizzazione canonica dalla Santa Sede per il trasferimento della proprietà del bene dall’Istituto Diocesano Sostentamento Clero alla Fondazione; è stato avviato un proficuo dialogo con i vertici del Dicastero vaticano competente che hanno espresso compiacimento per l’opera intrapresa e incoraggiato il percorso avviato dalla Diocesi attraverso la Fondazione; quest’ultima ha già affidato l’incarico ai professionisti che dovranno redigere il masterplan generale e il progetto architettonico. Punto fermo per la realizzazione del nostro “sogno” sarà il Manifesto della Chiesa di Caserta “Da Campo di Marte a Campo della Pace”, che ho constatato, con piacere, essere stato condiviso e apprezzato da tanti. Il nuovo Macrico diventerà un parco urbano verde fondato sulla natura, ispirato al principio dell’ecologia integrale espresso nella Laudato si’, inteso cioè come combinazione della componente naturale, economica, umana, sociale e culturale. Ribadisco che non ci sarà alcuna opera di cementificazione. Assicuro, anzi, che le strutture sociali e culturali che si prevede di realizzare troveranno posto nell’edificato già esistente che verrà riqualificato e ridimensionato restituendo l’edificato in eccesso al verde. Nel prossimo anno ci aspetta tanto altro lavoro. L’approccio progettuale, sulla scorta dei dettami contenuti nel Manifesto della Chiesa di Caserta e nell’Enciclica papale, è fondato sulla corresponsabilità comune, per cui non saranno solo la proprietà, il pubblico, il privato, gli attori scientifici e la società civile organizzata ad essere protagonisti del processo, ma anche gli abitanti, le nuove generazioni, i migranti, quelli che solitamente non hanno voce, e chiunque abbia attenzione verso il bene comune.

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