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Sabato, 27 Aprile 2024
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Il dramma del calciatore ucraino dell’Aversa: “Mia sorella sotto le bombe”

Il racconto del difensore: la società ha fatto una donazione per aiutare la sua famiglia

Dal 24 febbraio, giorno dell'invasione della Russia in Ucraina, "mi sveglio sempre con pensieri brutti". Maryan Hutsol, difensore 23enne della Real Aversa, racconta che quando va agli allenamenti "vivo le uniche 2 ore di spensieratezza della giornata". 

"Sono in Italia da 5 anni, arrivai alla Salernitana nel 2017 e da lì non ho lasciato la Campania – ha esordito Hutsol -. I miei parenti, invece, sono praticamente tutti lì in Ucraina. Mio padre e mia madre hanno avuto la fortuna di ritrovarsi qui in Italia durante l’invasione del Paese, per motivi di lavoro, ma la mia sorellina (di 20 anni, ndr) e i miei zii, ad esempio, sono proprio a Kiev e non sono usciti dal Paese".

Si dividono tra i "bunker" e la superficie, ma in questo momento stanno passando momenti di altissima tensione, com’è facile pensare, purtroppo. "Al giorno d’oggi è più difficile pensare propriamente al calcio. Ogni giorno mi sveglio con un pensiero brutto. In ogni momento utile chiamo i miei parenti, mi metto in contatto loro, che sia la mattina presto, o la tarda notte", ha continuato il difensore.

Ogni momento è buono per avere informazioni, per sapere come stanno i parenti, come hanno vissuto le ultime ore. Man mano che passa il tempo, però, tutto si fa sempre più pesante. “Spero solo che la gente in Russia si svegli, guardando cosa sta accadendo in Ucraina, che fermino Putin in qualche modo. Davvero spero solo questo, che questa guerra finisca“, dice Maryan Hutsol, supplicando che ritorni presto la pace, per tutti.

"L’ultima domenica è stato il giorno più brutto della mia vita (lo scorso 27 febbraio, ndr), perché subito dopo la partita (sconfitta esterna per 1-0 contro il San Luca, ndr) hanno cominciato a bombardare Kiev. Ho chiamato subito la mia famiglia, ho parlato con loro: c’era mia zia che stava piangendo perché in quel momento erano sotto un bunker e non sapevano cosa fare. E io come loro, perché stando qui, ovviamente, non potevo dare loro una mano in qualche modo".

Il calcio non è la panacea, ma è sicuramente uno dei mezzi e dei simboli più forti di unione che si possano trovare al mondo. L’appoggio della Real Aversa verso il proprio tesserato non poteva mancare in un momento simile: “Ci tengo a ringraziare tutta la società, il presidente Pellegrino, il direttore Filosa e tutta la squadra e lo staff. Mi sono vicinissimi tutti i giorni, praticamente in ogni minuto e mi hanno anche aiutato materialmente: hanno fatto tutti una donazione personale a me, per aiutare la mia famiglia e il mio popolo presente lì".

"Dico la verità: per fortuna il calcio riesce a distrarmi da questa situazione. Quando arrivo al campo, per l’allenamento o per la partita, per fortuna, riesco a distrarmi e ad essere concentrato solo a giocare. Ho bene in testa il nostro obiettivo, che è la salvezza, e sono concentrato sul vincere questa battaglia qui, sul campo di calcio, insieme a tutta la squadra. Però, poi, quando mi allontano dal campo, ogni pensiero è rivolto alla mia famiglia, cercando sempre di restare in contatto con chi è rimasto in Ucraina, in questa brutta situazione", ha concluso Hutsol. 

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