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Domenica, 28 Aprile 2024
Politica

Caporale Stefania Stellaccio in aiuto donne libanesi

Battipaglia - Sebbene al momento la missione Unifil in Libano è più tranquilla rispetto a quella in Afghanistan, il pericolo è sempre dietro l’angolo, ragione per cui il Generale comandante della Task Force Sector West, il cinquantenne napoletano...

Sebbene al momento la missione Unifil in Libano è più tranquilla rispetto a quella in Afghanistan, il pericolo è sempre dietro l’angolo, ragione per cui il Generale comandante della Task Force Sector West, il cinquantenne napoletano Paolo Ruggiero, raccomanda ai suoi la massima attenzione. In questo scenario, opera il Caporal Maggiore Stefania Stellaccio, originaria di Battipaglia, inquadrata presso il Reggimento “Savoia Cavalleria”, di stanza a Grosseto. “Nessun bambino” – ha affermato la giovane ragazza campana, che opera come fuciliere – “è capace di resistere alla tentazione di giocare a nascondino, in qualunque paese del mondo. Con questo gioco mi sono guadagnata il primo sorriso del piccolo Muhammad del villaggio di Al Mansouri – Libano del Sud. Noi soldati la chiamiamo Medical Care, in pratica il nostro personale sanitario, dottori e infermieri, settimanalmente si reca nei villaggi e presta assistenza alla popolazione libanese che altrimenti non potrebbe permettersi cure private. Con la mia squadra” – ha sottolineato – “dobbiamo fornire la scorta al personale sanitario. I lunghi mesi di addestramento in Patria, tra i cespugli e le rocce della Sardegna, tra le colline maremmane, le ore passate in aula al “Savoia” a imparare usi, costumi, tradizioni religiose e anche alcune parole in arabo ci hanno preparato a questo. Nelle nostre missioni vediamo continuamente persone che soffrono, anche bambini, ma dobbiamo essere forti e il sorriso e l’atteggiamento tranquillo non ci devono abbandonare mai. Non dobbiamo giudicare la gente e le situazioni che potremmo vedere, sono come i nostri nonni e bisnonni dopo la guerra, stesse sofferenze, stessa fatica nell’affrontare le difficoltà quotidiane, stessa voglia di ricominciare, stessa voglia di dare un futuro ai bambini. A poche centinaia di metri da noi c’è l’altro mezzo della mia squadra, loro sono in sosta davanti ad un cafè. Il Capitano sta scambiando due parole con uno dei nostri interpreti che solo pochi giorni fa ci hanno parlato, in un ottimo italiano, degli usi e dei costumi del loro popolo, del cibo, di come salutare le donne con il velo e come accettare i frutti che la gente generosamente ci offre, ci vede che giochiamo e dopo aver chiesto il permesso alla mamma di Muhammad ci scatta una fotografia. Ecco un altro ricordo indelebile che porterò con me dalla missione, spero che anche il piccolo Muhammad, la prossima volta che vedrà un mezzo bianco con i soldati con il basco blu dell’ONU sorriderà, magari ricordandosi di una soldatessa con cui ha giocato a nascondino una volta”.

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