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Cronaca Casal di Principe

Dichiara un deposito ma costruisce un immobile a tre piani

La sentenza è arrivata dopo ben 27 anni dalla realizzazione

Aveva ‘denunciato’ la presenza di un deposito di 80 mq ma dai controlli è emerso che l’immobile fosse molto più grande e che ci fosse anche uno spazio residenziale adibito ad abitazione. Per questo motivo prima il Comune di Casal di Principe e adesso anche la sezione Ottava del tribunale amministrativo regionale della Campania (giudice Alessandro Tomassetti) hanno respinto la richiesta di sanatoria e soprattutto condannato il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio. Stiamo parlando di una sentenza che è arrivata su una domanda di condono edilizia presentata addirittura nel 1995, quindi 27 anni fa.

Si parlava di un deposito di circa 80 mq ma “dal fascicolo in possesso dell’Ufficio sono emerse delle incongruenze e difformità”. Dalla domanda emerge che si riferisce ad un immobile adibito a deposito ma “il locale per la presenza di tramezzature, finestrature e servizi igienici, non risponde alla definizione di fienili agricoli e non agricoli, soffitte e cantine disgiunte dall’abitazione”. Il ricorrente sottolinea di aver commesso un errore nella richiesta e di voler sanare non solamente il deposito di 80 mq ma in pratica tutto l’edificio. Ma dal Comune hanno fatto sapere che “l’interessato ha chiesto il condono per un manufatto di circa 80 mq. con destinazione non residenziale che sarebbe stato ultimato (secondo quanto dichiarato in sede di domanda) prima del 31 dicembre1993. Tuttavia nel 1994 il manufatto veniva sottoposto a sequestro per abusi edilizi”.

Per il giudice “risultano del tutto evidenti le incongruenze rilevate dal Comune dal momento che l’attuale consistenza edilizia del manufatto non coincide con quella per la quale era stata richiesta la sanatoria né per dimensioni né per destinazione (oggi in parte residenziale). L’immobile, infatti, già nel 1994 (al momento del sequestro del cantiere per abusi edilizi e prima della presentazione della domanda di condono) già si presentava di circa 150 mq. con un nuovo piano ancora da realizzare. Nel 2020 il fabbricato risultava ulteriormente trasformato e ampliato rispetto agli 80 mq. inizialmente dichiarati”.

Tali incongruenze vengono spiegate dal ricorrente con un errore di compilazione della domanda di quanto all’indicazione dei metri quadri da sanare; circostanza questa impossibile da verificare in quanto come evidenziato dal Comune in motivazione la domanda era priva della documentazione di accompagnamento. Secondo il giudice “è onere del richiedente provare, in modo rigoroso, che l’epoca di realizzazione delle opere sia antecedente a quella dettato dalla legge; tale onere va assolto con elementi probatori stringenti o con l’allegazione di documenti altamente probanti; non può mai sostenersi che l’amministrazione debba farsi carico di accertare l’epoca dell’abuso. E, ancora, l’onere della prova in ordine all’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere la sanatoria grava sul richiedente, in quanto, mentre l’amministrazione non è, normalmente, in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul punto, l’interessato può fornire atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza in ordine all’epoca di realizzazione dell’abuso”

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