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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

Affari delle Ferrovie ai Casalesi, svolta al Riesame per 2 imprenditori

Sono stati coinvolti nell'inchiesta 'Binario d'Oro' sugli appalti in odore di camorra affidati dalle Ferrovie dello Stato ad imprenditori collegati alla famiglia Schiavone di Casal di Principe

Tornano liberi Luigi Belardo 49enne di Orta di Atella e Francesco Salzillo, 46enne di Casal di Principe, imprenditori edili coinvolti nell'inchiesta 'Binario d'Oro' sugli appalti in odore di camorra affidati dalle Ferrovie dello Stato ad imprenditori collegati alla famiglia Schiavone di Casal di Principe. È quanto disposto dall'Ottava Sezione del Riesame del tribunale di Napoli presieduta dal giudice Maria Vittoria Foschini a cui era stato affidato l'esame della vicenda che vede coinvolti i due imprenditori dopo che la Seconda Sezione della Corte di Cassazione  accogliendo il ricorso proposto dall'avvocato difensore di Belardo e Salzillo, Ferdinando Letizia, ha disposto l'annullamento della ordinanza di custodia cautelare emessa il 22 febbraio scorso dal gip Giovanna Cervo del tribunale di Napoli con la quale erano stati applicati gli arresti domiciliari ad entrambi gli indagati. Ordinanza poi confermata in sede di Riesame.

Luigi Belardo e Francesco Salzillo rientravano tra le 66 persone finite nel mirino della Dda nell'inchiesta contro il clan dei Casalesi, con 35 misure cautelari e circa 50 milioni di euro di beni messi sotto chiave. Le accuse per gli indagati vanno dall'associazione a delinquere di tipo mafioso all'estorsione, dall'intestazione fittizia di beni alla turbativa d'asta, dalla corruzione al riciclaggio nonché alla rilevazione di atti coperti da segreto d'indagine con l'aggravante della metodologia mafiosa.

Tre i filoni di inchiesta finiti sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti. Uno riguardava le figure di Vincenzo e Nicola Schiavone. Quest'ultimo padrino di battesimo dell'omonimo Nicola Schiavone, figlio di Sandokan capoclan dei Casalesi. Per gli inquirenti Nicola Schiavone sarebbe cresciuto imprenditorialmente grazie ad un patto stretto col capoclan dei Casalesi. I soldi che venivano prodotti dalle attività illecite sarebbero stati ripuliti dall'imprenditore Dante Apicella, con cui le attività degli Schiavone si sarebbero intrecciate.

Dall'attività investigativa emersero fatture di Apicella al clan dei Casalesi grazie a società di comodo. Attraverso una fitta rete di prestanome riusciva ad operare nel settore degli appalti ed investimenti nonostante la condanna nel processo Spartacus. Man forte nell'opera di repulisti del denaro del clan per gli inquirenti venne fornita da Luigi Belardo, fratello di Domenico ucciso nel 2008 ad Orta di Atella nella sua azienda. Attraverso i conti correnti delle aziende a lui intestate oltre che personali riusciva a riciclare il denaro del Clan o monetizzava con il cambio degli assegni la ricchezza derivante dall'attività del Clan. Francesco Salzillo, secondo gli inquirenti, era una pedina nella struttura imprenditoriale utilizzata da Apicella a tutto vantaggio della consorteria camorristica.

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