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Cronaca

Reporter casertano ‘bloccato’ in Ucraina: "Sequestrato tutto, anche la foto di mia figlia"

Lorenzo Giroffi fermato al confine con la Polonia dall'esercito di Kiev: "Mi sono sentito solo ed abbandonato dalle istituzioni. Ora andrò fino in fondo: voglio sapere dall'Italia di cosa mi si accusa"

"Mi sono sentito solo ed abbandonato dalle istituzioni. Ora andrò fino in fondo: voglio sapere dall'Italia di cosa mi si accusa in Ucraina". Questo il commento a CasertaNews del reporter casertano Lorenzo Giroffi bloccato a Medyka, alla frontiera tra la Polonia e l'Ucraina, perquisito e trattato come un terrorista da parte dei militari dell'esercito centrale di Kiev.

Lorenzo cosa è successo?

Stavo andando in Ucraina per svolgere il mio ruolo di reporter. Giunto a Medyca, a confine con la Polonia, sono stato fermato da parte dell'esercito centrale ucraino nonostante avessi un regolare accredito da parte di Kiev, necessario a lavorare come giornalista nelle aree del conflitto, ed avessi avuto rassicurazioni da parte dell'ambasciata.

Come mai?

Per spiegarlo dovrei fare un passo indietro. Nel 2014 sono stato in Donbass per raccontare il conflitto. L'ho fatto anche raccontando i territori delle Repubbliche autoproclamate di Donetsk e di Lughansk. Per questo, come tanti altri colleghi, nel 2015 sono stato colpito da un provvedimento di divieto di ingresso in Ucraina per 5 anni con l'accusa di immigrazione clandestina. Un'accusa falsa perché nelle Repubbliche separatiste del Donbass all'epoca entrammo con regolari permessi Ato dell'Sbu, con tanto di visti d'ingresso ed uscita ucraini ad ogni passaggio. 

Il provvedimento è scaduto, perché ti hanno fermato?

Il provvedimento è scaduto ma mi è stato rinnovato senza spiegazioni alle autorità italiane e senza capi d'accusa. L'ho scoperto a febbraio quando allo scoppio del conflitto ho tentato di entrare in Ucraina dalla frontiera di Chop (tra l'Ungheria e l'Ucraina nda). E' dal 2014 che ricevo attacchi sui social con la pubblicazione di foto e dati personali anche su siti governativi ucraini per presunte attività terroristiche. Addirittura sono stato bersaglio di riprese video da parte di attivisti filo-ucraini nel corso delle sporadiche presentazioni del libro scritto sulla questione Donbass. 

Poi cosa è accaduto?

Mi sono rivolto alle autorità italiane ottenendo un accredito da Kiev con cui c'è ancora un ponte istituzionale. Il 28 aprile sono giunto alla frontiera con l'Ucraina a Medyka e sono stato fermato e fatto oggetto di un interrogatorio sadico non da parte di una milizia remota ma da soldati dell'esercito centrale dell'Ucraina. Una vera e propria imboscata. 

Che ti hanno fatto?

Va detto che non è la prima volta che accade. In altre aree di crisi mi è già capitato di essere fermato, interrogato e perquisito, ma stavolta si è davvero superato il limite. Sono arrivato alla frontiera di Medyka verso le 13,30. Ho dato il mio passaporto ed hanno inserito i miei dati. Dai controlli è venuto fuori il provvedimento nei miei confronti. Ho mostrato loro il mio accredito. Mi dicono che devo incontrare l'ufficiale di posizione ma lo incontrerò solo due ore e mezzo più tardi. Mi conducono in una stanza con doppia porta ed inizia un interrogatorio sadico e surreale. Mi hanno preso portafogli, cellulare ed ovviamente il passaporto con l'accredito che mi viene stracciato in faccia. Hanno rovistato foto personali, mail, rubrica dandomi del terrorista e dirmi che se tutto fosse andato bene avrei passato un po' di tempo in carcere.

Qual è stato il momento più brutto?

Hanno preso la foto di mia figlia che porto sempre con me, non me l'hanno restituita. Lo stesso è accaduto per una foto di mio nonno che hanno iniziato ad insultare perché aveva i baffi 'come Stalin'. Quando ho reagito a questi insulti mi hanno mostrato i video dei pestaggi dei soldati russi. Hanno preso la mia telecamera e simulavano di filmarmi dicendomi di salutare tutti perché non mi avrebbero visto per un po'.

Un incubo...

Sì. Poi hanno ricevuto una telefonata. Uno dei militari viene chiamato fuori dalla stanza dove ci trovavamo. Rientra e mi restituisce il passaporto. Vengo condotto dal capo posizione e mi riportano in Polonia con un decreto di espulsione che non mi hanno dato.

Ed ora cosa farai?

Adesso voglio andare fino in fondo perché ho subito un danno enorme sia da un punto di vista umano sia professionale. Voglio sapere dall'Italia di cosa mi accusa l'Ucraina che ormai da 8 anni mi perseguita a livello pubblico e privato. Pur riconoscendo che il popolo ucraino è stato aggredito c'è una grande difficoltà per un giornalista a raccontare questo conflitto in maniera libera. A febbraio quando sono stato respinto la prima volta mi sentivo frustrato. Poi ho ottenuto tutti i permessi e sono stato stato in contatto con l'ambasciata ucraina quasi fino al momento in cui mi hanno fermato. Mi sono sentito lasciato solo e tradito dalle istituzioni. 

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