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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Teverola

Pizzo sul cantiere, condannato a due anni e mezzo

Per la Cassazione la minaccia generica di "mettersi a posto" integra il metodo mafioso

Anche quando la minaccia non è esplicita, si configura il "metodo mafioso" quando la richiesta di estorsione avviene in un territorio storicamente infiltrato dalla criminalità organizzata. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso presentato da Carmine L., 52enne di Aversa, condannato a 2 anni e mezzo di reclusione in seguito a giudizio in abbreviato (verdetto confermato anche in Appello).

Secondo quanto ricostruito, il 52enne si recò presso un cantiere edile di Teverola intimando al titolare di "mettersi a posto" recandosi a Teverola o a Carinaro. Per i giudici "integra la circostanza aggravante del metodo mafioso la condotta di chi, pur senza fare uso di una esplicita minaccia, pretenda dalla persona offesa il pagamento di somme di denaro per assicurarle protezione, in un territorio notoriamente soggetto all'influsso di consorterie mafiose, senza che sia necessario che la vittima conosca l'estorsore e la sua appartenenza ad un clan determinato".

"La circostanza aggravante del metodo mafioso è integrata anche dall'utilizzo di un messaggio intimidatorio "silente", cioè privo di una esplicita richiesta, qualora l'associazione abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l'avvertimento mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso a specifici comportamenti di violenza o minaccia - proseguono - In simili casi, quando il potere criminale di un'associazione mafiosa storica quale la camorra, abbia inciso nel territorio i segni del proprio dominio criminale, imponendo pratiche illecite quali "il pizzo" nei confronti di imprenditori e commercianti, elaborando anche un linguaggio descrittivo della sottomissione (tale la metonimia per cui "andare a Teverola" suggerisce di rivolgersi al capo della locale cosca), non può dubitarsi che la richiesta di "mettersi a posto" sia immediatamente e inequivocabilmente evocativa di una richiesta estorsiva proveniente dal sodalizio dominante". Il ricorso è stato così rigettato con la conferma della condanna a carico del 52enne. 

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