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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Marcianise

Droga dei Belforte a Milano: svolta al Riesame per indagati

I giudici di Napoli hanno sostituito la misura nei confronti di Bucci, Raucci ed Angelino

Arresti domiciliari per Antimo Bucci e Salvatore Raucci, coinvolti nell'inchiesta della Dda di Napoli che ha fatto luce sullo spaccio di droga dei Belforte che ha portato a 28 misure cautelari (16 in carcere, 7 agli arresti domiciliari e 5 all’obbligo di presentazione alla p.g.) eseguite dalla Compagnia Carabinieri di Marcianise.

È quanto disposto dall'Ottava Sezione del Riesame del tribunale di Napoli dopo aver accolto parzialmente l'istanza dei difensori dei due indagati, gli avvocati Pasquale Acconcia (per Bucci) e Gabriele Amodio (per Raucci), con la sostituzione della misura cautelare per entrambi che erano finiti in carcere lo scorso 19 aprile. Arresti domiciliari anche per Giulio Angelino, difeso dall'avvocato Franco Liguori, considerato uno dei fornitori della cocaina al gruppo di Buonanno jr. Anche per lui il Riesame ha accolto parzialmente l'istanza e disposto la sostituzione della misura cautelare.

Gli indagati sono gravemente indiziati dei reati di associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, nonché di numerosi episodi di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti aggravati dal metodo mafioso, facente capo al clan denominato “Belforte” o anche detto “Mazzacane”. In particolare sia Bucci che Raucci avrebbero svolto il ruolo di pusher nella piazza di spaccio avviata a Milano da Giovanni Buonanno e dal suo fratellastro Giuseppe Giacomo Salzillo.

Dall'inchiesta, sono emersi a carico di altri indagati anche episodi di estorsione, usura, ricettazione, riciclaggio, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e induzione di falso in atto pubblico. In particolare avrebbero cercato di combinare un falso matrimonio tra un cittadino italiano ed una cittadina straniera previo compenso, con lo scopo di far ottenere il permesso di soggiorno e successivamente la cittadinanza italiana.

Infine, c'è l'accusa di oltraggio alla giustizia, perché Giovanni Buonanno avrebbe minacciato reiteratamente Claudio Buttone, collaboratore di giustizia, utilizzando nei confronti della persona offesa l’influenza criminale e la conseguente condizione di assoggettamento omertoso derivante dal “clan Belforte”. Tale condotta veniva posta in essere al fine di indurre lo stesso Buttone a rendere false dichiarazioni nell’ambito del dibattimento che si stava svolgendo dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Napoli in relazione all’omicidio di Andrea Biancur, nel quale Giovanni Buonanno era imputato.

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