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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Casapesenna

“Intercettazioni inutilizzabili”, ecco perché la Cassazione ha annullato l’arresto dei nipoti di Zagaria

Accolto anche il ricorso per Teresa Zazzaro. A rischio tutta l’indagine: si torna al Riesame

“Intercettazioni inutilizzabili”. E’ questa la motivazione che ha spinto la Quinta Sezione della Corte di Cassazione (presidente Rossella Catena) ad annullare le ordinanze d’arresto a carico dei fratelli Filippo e Nicola Capaldo, rispettivamente 43 e 39 anni, di Casapesenna, nonché nipoti del capoclan Michele Zagaria, e di Teresa Zazzaro, 43 anni. I tre erano rimasti coinvolti nell’inchiesta sulla distribuzione del latte Parmalat della Dda che aveva svelato come sotto le “mentite spoglie” prima della cooperativa Santa Maria e poi della s.r.I., formalmente riferibili ad ex dipendenti della Euromilk, i Capaldo avevano proseguito l'attività di quest'ultima di distribuzione di prodotti Parmalat in parte della provincia di Caserta; il tutto dopo che detta società, riferibile ai fratelli Nicola e Filippo Capaldo, nipoti di Michele Zagaria, era stata confiscata dal Tribunale della prevenzione di Santa Maria Capua Vetere, per avere imposto con metodi camorristici la vendita del latte nel casertano e che la Parmalat aveva revocato la concessione.

Le motivazioni del Riesame sulle captazioni

Le tre ordinanze d’arresto erano state confermate anche dal tribunale del Riesame, ma sono state annullate dopo il ricorso in Cassazione presentato dall’avvocato Giuseppe Stellato che ha contestato l’utilizzo delle intercettazioni di una precedente inchiesta, avvenute tra il 2013 ed il 2015, anche se l’iscrizione di reato a carico dei nipoti di Zagaria e dell’imprenditore Aldolfo Greco è arrivata solo nell’aprile 2015. Il tribunale del Riesame (che aveva confermato gli arresti) aveva reputato che le intercettazioni svolte nel procedimento 1819/13 (quantomeno quelle eseguite a partire dal decreto di proroga che seguiva la richiesta della Procura del 9 agosto 2013) fossero utilizzabili. Dal tenore della motivazione si evince che il Tribunale aveva reputato l'utilizzabilità delle captazioni perché il giudice per le indagini preliminari aveva mostrato di essere stato messo a conoscenza dei rapporti tra Adolfo Greco e i fratelli Capaldo e di avere concesso l'autorizzazione alla proroga proprio in ragione di detti collegamenti. Secondo il Tribunale del riesame, infatti, a dispetto della mancata iscrizione ed indicazione della fattispecie, “il riferimento al reato di cui all'art. 512 bis c.p., allora 12 quinquies I. 306/92, viene effettuato dal pm sin dalla seconda richiesta di proroga delle intercettazioni ambientali relative al rit nr. 2758/2013, donde ritiene il Collegio che le intercettazioni, legittimamente acquisite anche in relazione al titolo di reato per cui si procede, siano assolutamente utilizzabili”. 

La Cassazione e le Sezioni Unite

Una tesi che però non ha convinto gli ermellini: “Il Collegio esclude che un'intercettazione possa essere autorizzata implicitamente; senza che vi sia, cioè, un preciso riferimento, nel provvedimento autorizzativo, al reato per cui si pretende poi di utilizzarla, reato peraltro neanche ancora iscritto nel registro generale delle notizie di reato, né una specifica motivazione che dia atto del vaglio circa la consistenza indiziaria concernente quella specifica fattispecie, oltre che sulla funzionalità della captazione rispetto al relativo prosieguo investigativo. In questo senso va osservato che, come ricordato dalla Sezioni Unite Cavallo, «l’autorizzazione del giudice non si limita a legittimare il ricorso al mezzo di ricerca della prova, ma circoscrive l'utilizzazione dei suoi risultati ai fatti-reato che all'autorizzazione stessa risultino riconducibili: essa, infatti, deve dar conto dei «soggetti da sottoporre al controllo» e dei «fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede». Riferimento, quest'ultimo, che rende ragione della delimitazione dell'utilizzabilità probatoria dei risultati dell'intercettazione ai reati riconducibili all'autorizzazione giudiziale, delimitazione che, a sua volta, è condizione essenziale affinché l'intervento giudiziale abilitativo non si trasformi, come si è visto, in una "autorizzazione in bianco”. Ne consegue che non basta che il Giudice per le indagini preliminari sia posto a conoscenza di una possibile evoluzione investigativa verso una nuova e diversa fattispecie, né iscritta, né indicata, ma occorre che le intercettazioni, per essere utilizzabili anche quanto a detta nuova fattispecie, siano supportate da un'autorizzazione esplicitamente tarata — quand'anche con una motivazione per relazionem che renda però chiaro ed inequivoco l'ordito giustificativo del provvedimento — sulla sussistenza dei presupposti di legge anche per il nuovo reato”.

L’intercettazione che apre la ‘nuova indagine’

Per i giudici di Cassazione, dunque, “non pare che il decreto di autorizzazione alla proroga, così come descritto nell'ordinanza impugnata, soddisfi i parametri, giacché lo stralcio dell'informativa evocato dal Tribunale concerne l'incontro, presso gli uffici della CIL di Adolfo Greco, tra quest'ultimo e altri soggetti, che avevano palesato il disegno di continuare l'attività di distribuzione del latte Parmalat da parte dei fratelli Capaldo. La captazione, nel mentre si indagava sulla criminalità organizzata di una diversa area geografica del territorio campano — quella stabiese —, avrebbe reso necessario, secondo la Polizia, svolgere accertamenti circa i rapporti del Greco e dei dirigenti Parmalat con "personaggi del casertano" (così lo stralcio dell'informativa riportato nell'ordinanza impugnata). E' evidente, dunque, che l'informativa in discorso recava solo un primo, sommario resoconto della vicenda Euromilk, quale traccia investigativa da approfondire per vagliare se il soggetto monitorato intrattenesse rapporti illeciti anche con soggetti di altro gruppo criminale; di talché, il riferimento ad essa da parte del Giudice per le indagini preliminari, cui il Tribunale del riesame ha accennato, non potrebbe valere a ritenere assolto il dovere di motivazione circa l'autorizzazione all'intercettazione anche quanto alla specifica questione dell'interposizione fittizia. A ciò si aggiunga che le captazioni rilevanti per la gravità indiziaria del reato di cui all'art. 512-bis cod. pen. si collocano nell'arco di circa due anni, ma il Tribunale del riesame — a parte il riferimento al decreto di proroga del 22 marzo 2014, che pare non pertinente rispetto all'interposizione fittizia — tace sugli altri provvedimenti autorizzativi o di proroga intervenuti in quell'ampio lasso di tempo”. 

A rischio tutta l’inchiesta 

Per gli ermellini, dunque, “occorrerebbe interrogarsi sui rapporti intercorrenti tra i reati ed esprimersi circa l'eventuale connessione tra l'ipotesi di reato iscritta a suo tempo (e per la quale le intercettazioni erano state espressamente e legittimamente autorizzate) e l'interposizione fittizia, la cui notitia criminis era successivamente emersa. L'ordinanza impugnata va, quindi, annullata e sarà compito del Giudice di rinvio, una volta preso atto dell'evidenziata fallacia del ragionamento esposto nel provvedimento medesimo, verificare se le intercettazioni possano essere comunque utilizzate perché riconducibili al medesimo procedimento in ragione dell'eventuale connessione tra reati, secondo l'accezione delineata da Sezioni Unite Cavallo; in caso negativo, sarà altresì onere del Tribunale del riesame effettuare una verifica tesa ad appurare se il quadro indiziario possa sostenersi a prescindere dalle intercettazioni adoperate nel provvedimento cautelare, ma stimate inutilizzabili”.

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