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Martedì, 30 Aprile 2024
Attualità Capua

Seminario sulla donna tra giustizia e società: "Ancora ruolo marginale"

Evento promosso dall' Associazione Donne Giuriste Italia sezione Caserta

Occorre innescare un segnale di cambiamento culturale, prima ancora che giuridico. Nonostante secoli di lotte e poche conquiste si fa ancora fatica a riscattare l’idea della donna al pari degli uomini in società. Sono temi posti al centro del Seminario sulla donna dell’ A.D.G.I. Caserta tenutosi nella sala congressi del Museo Campano di Capua a cura della presidente dell’A.D.G.I. Caserta Anna Di Mauro.

Il titolo del seminario: “Visione della donna tra divinità ed oggetto giuridico. Il cambiamento culturale-giuridico  come dato per il contrasto alla violenza di genere. La vittimizzazione secondaria nelle aule di giustizia”. Prendendo spunto dal titolo del seminario i relatori presenti hanno eviscerato tali temi. Prima però i saluti portati dalla docente Lucia Monaco in luogo di Raffaele Picaro e dell'avvocato Antonio Mirra in sostituzione del presidente dell'ordine degli avvocati di Santa Maria Capua Vetere

Anna Rufino docente ordinaria di Sociologia all’Università Luigi Vanvitelli ha introdotto il tema “il diritto materno, esiste?” partendo dalla visione divina della donna come madre non a caso è stato scelto il Museo Campano in quanto ospitante le Mater Matuta dell’antichità la docente ha affermato: “La donna fin dalla notte dei tempi è vista come una divinità spesso raffigurata in trono da venerare ma al contempo delegittimizzata da qualsivoglia ruolo sociale. Tale delegittimizzazione l’abbiamo riscontrata nel diritto romano e continuiamo a riscontrarla anche ai giorni nostri dove si fa ancora fatica a far riconoscere la legittimizzazione del ruolo femminile in società. Per quel che concerne il diritto materno o alla maternità, l’Italia e soprattutto il Sud sono tra i fanalini di coda nelle conquiste in termini di parità”. Una disparità concettuale quella della donna che si ravvisa anche in termini di “protezione” nelle vicende più buie e complesse che possa toccare un animo femminile.

Teresa Alesci ricercatrice di diritto processuale penale processuale presso l’Università Luigi Vanvitelli ha posto l’accento sul parallelismo, spesso erroneo tra violenza di genere e vittimizzazione secondaria. “La vittimizzazione secondaria è ancora un concetto in cerca di identità e spesso emerge talvolta in maniera impropria associandolo al concetto di violenza di genere. La vittimizzazione secondaria è cosa ben diversa. Si tratta della percezione della vittima come di un senso di indifferenza della società e delle istituzioni. E’ quella continua sensazione di una donna vittima di violenza di non essere creduta, di essere abbandonata dalla legge o di essere etichettata come madre malevola a cui vengono sottratti i figli perché non è stata in grado di proteggerli dal marito che ha usato violenza su di lei o su i minori. La prospettiva di intervento sulla vittimizzazione secondaria può essere offerta da una modifica in primis del linguaggio e dell’educazione. Occorre avere un approccio diverso già dagli operatori del diritto ed educare la società al diverso da sé, al non cadere nella solita retorica dell’inquisizione dinanzi a soggetti fortemente compromessi sotto più prospettive umane, fisiche, sociali, economiche”. Una donna abusata quindi è una donna “difettata” per l’immaginario collettivo e se talvolta seguono dei forti segnali di instabilità emotiva la società fa presto a porre l’etichetta di “povera pazza”.

Sui disturbi conseguenti una violenza patita che si manifestano nelle abusate  ha focalizzato l’attenzione il vicepresidente LIDU Antonio Virgili: ”Più di metà delle donne che subiscono violenze manifestano dei sintomi sia fisici che psicologici anche a lungo termine. Si possono innescare meccanismi di difesa mentale come la neutralizzazione dell’evento traumatico da parte della stessa vittima. Si comincia con la disumanizzazione dell’accaduto, la giustificazione morale, il ridimensionamento, la colpevolizzazione. Sono tutti meccanismi di sopravvivenza dall’evento traumatico. Il più comune è l’amnesia selettiva. La vittima non ricorda tutto e può iniziare a ricordare nel tempo anche a distanza di anni. Tale disconnessione celebrale che è un dato scientifico viene percepito dalle istituzioni o dalla stessa società come una menzogna e lì si innesca pericolosamente il circolo vizioso della vittimizzazione secondaria. La vittima non viene creduta perché la nitidezza dei particolari di terribili vicende subite si acquisisce nel tempo. Ci sono anche conseguenze fisiche che possono avere manifestazioni a lungo raggio come atteggiamenti ossessivo-compulsivi che portano la donna all’esposizione di marci in società”.

La socia A.D.G.I.  Caserta Luciana Puoti ha posto l’attenzione sulla mancata soggettività femminile già nella legge come quella di ratifica alla Convenzione di Istanbul. Punto , quella del mancato riconoscimento nella legge della figura della donna è stato offerto dalla giudice nonché consigliera di Cassazione Paola Di Nicola Travaglini autrice del libro “La giudice – una donna  in magistratura” secondo cui “ ci hanno negato l’accesso in magistratura, nell’avvocatura per secoli e solo perché avevano paura di noi, avevano paura che portassimo scompiglio in un rigido sistema arcaico e maschilista della gerarchia delle carriere. Siamo avvocate e giudici ma la conquista piena è ancora lontana. C’è ancora troppo stupore per un articolo al femminile dinanzi ad un sostantivo maschile che lo è stato per secoli”.

I ruoli secondari e delegittimanti ancora presenti per la figura femminile possono essere superarti con una modifica del concetto della donna prima culturale che giuridico. Tale superamento secondo tutti i relatori presenti può avvenire con una corretta informazione, la comunicazione, un linguaggio accogliente, la normalizzazione di concetti visti come differenze. I saluti finali sono stati affidati al direttore del Museo Campano Gianni Solino associati a quelli del membro del CDA del Museo Rosanna Sangiuliano.

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