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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

Appalti ai Casalesi, cene tra imprenditore ed ex sottosegretario nel mirino dei carabinieri

L'ufficiale del Roni svela i rapporti tra Schiavone e i vertici di Rfi: "Era di casa nella sede delle ferrovie"

Cene in locali di lusso con l’ex sottosegretario ai trasporti, libero accesso alla sede della Rete Ferrovie Italiane, legame atavico con Francesco Schiavone alias Sandokan ed il ruolo di spicco nelle società partecipate dello Stato per conto dell’associazione camorristica. E’ quanto emerso dall’escussione del Maggiore del nucleo investigativo dell’Arma dei Carabinieri rese nel processo sulle infiltrazioni del clan dei Casalesi negli appalti delle Ferrovie dello Stato, che si sta celebrando dinanzi la Terza Sezione Penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere presieduta dal giudice Giuseppe Meccariello.

Le cene con il Sottosegretario ai Trasporti

L’ufficiale dell’arma rispondendo alle domande del sostituto procuratore Graziella Arlomede della Dda di Napoli ha spiegato la genesi dell’indagine che prese il via nel dicembre 2017 e si è protratta fino al gennaio 2020 e prese le mosse da uno degli imputati, Nicola Schiavone alias lo ‘zio’ vecchio’. “Nel corso dei pedinamenti di Nicola Schiavone ci siamo resi conti del ruolo di spicco che rivestiva nella politica ad altissimi livelli tanto da diventare il consulente per RFI - ha rivelato l'investigatore del Roni - ci siamo resi conto che era abilissimo ad intessere rapporti personali con i massimi vertici non solo della partecipata statale ma anche dello stesso Ministero dei Trasporti. Numerose sono state le cene da noi documentate tra Nicola Schiavone e l’ex Sottosegretario ai Trasporti, eletto in quota Pd, Salvatore Margiotta (che non risulta indagato nda), perlopiù in locali di lusso della Roma bene dove parlavano liberamente di movimentazioni di danaro per alcuni appalti o le lamentele per qualche funzionario della Rfi che mal sopportava l’ingerenza di Schiavone e poco dopo veniva rimosso o demansionato dal suo incarico. Nicola Schiavone si aggirava liberamente nella sede Rfi di piazza Croce Rossa a Roma. Basti pensare che per accedervi occorre essere registrati invece gli accessi di Nicola Schiavone non risultano registrati perché gli bastava recarsi all’ingresso dell’edificio e gli stessi vertici lo andavano a prendere nell’atrio”.

I rapporti con Sandokan: dalla rissa all'ascesa politica

L’ufficiale ha poi riferito anche dei legami atavici dell’imprenditore casalese con la famiglia Schiavone, in particolare con Sandokan. “L’imputato e Sandokan si conoscevano fin da ragazzini tant’è che furono i protagonisti di una rissa a Vitulazio nel 1972. I rapporti tra i due si sono rafforzati nel tempo. L’imputato era il padrino del figlio di Sandokan, suo omonimo e per ogni cerimonia che riguardava la famiglia Schiavone lui era presente ed in dono offriva terreni o appartamenti”. Il maggiore ha poi spiegato la rapida ascesa dell’imputato ricostruita anche grazie alle dichiarazioni di Giuseppina Nappa moglie di Sandokan secondo cui “lo zio era più che un amico per Francesco” spiegando poi la vicenda del lievito madre con la separazione tra gli imprenditori stipendiati e quelli di cui si serviva il clan. L’ufficiale ha svelato l’importante ruolo politico che Nicola Schiavone aveva a Casal di Principe grazie all’appoggio della consorteria criminale. “Nicola Schiavone si candidò come sindaco ed aveva 1000 preferenze garantitegli dai casalesi mentre il sindaco uscente che poi venne rieletto ne aveva solo 600. Fu Schiavone a non sentirsi pronto ad essere primo cittadino e ripiegò a fare l’assessore alle attività produttive. Tale nomina fu voluta da Sandokan. Difatti per stessa ammissione del figlio di Sandokan il padre capì che senza la politica non si sarebbero mai accaparrati di una fetta della pubblica amministrazione e perciò era importante piazzare i loro uomini come l’imputato. Infatti l’ascesa politica di Nicola Schiavone era fondamentale per Sandokan perché lui doveva essere spendibile per il clan”.

I colloqui in carcere: il giallo delle tute del Napoli

Nel corso dell’udienza è stato escusso anche il funzionario della polizia penitenziaria del nucleo investigativo centrale di Roma che ha riferito su colloqui in carcere tra Sandokan e la figlia Angela quando si trovava in regime di 41bis dove facendo riferimento all’acquisto delle tute del Napoli di una taglia superiore alla sua fece riferimento allo zio vecchio alias Nicola Schiavone e che all’acquisto avrebbe potuto provvedere lui. Gli inquirenti hanno ravvisato in tale riferimento un profondo rapporto di fiducia tra il capoclan e l’imprenditore. Si torna in aula a metà febbraio per l’escussione di ulteriori testi di pg ed uno degli estorti.

Sotto processo sono finiti Nicola Schiavone, Vincenzo Schiavone, Nicola Puocci, Vincenzo Apicella, Francesco Salzillo, Gennaro Diana, Salvatore Diana, Giancarlo Diana, Vincenzo Diana, Luigi Diana, Mario Diana, Luigi Schiavone, Fioravante Zara, Mario Zara, Giuseppe Fusco, Luigi Belardo, Angelo Massaro, Antonio Petrillo, Luigi Petrillo, Marco Faclco, Claudio Puocci e Caterina Coppola. Le accuse sono a vario titolo di associazione di stampo mafioso, estorsione, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

Nel collegio difensivo, tra gli avvocati impegnati, figurano Giovanni Esposito Fariello, Fabio Gatto, Umberto Del Basso De Caro, Mirella Baldascino, Alfonso Furgiuele, Mario Griffo, Carlo De Stavola, Angelo Raucci, Antonio Ciliberti, Claudio Botti, Mauro Valentino, Ferdinando Letizia, Pasquale Diana, Giuseppe Stellato, Alessandro Ongaro, Antonio Cardillo, Domenico Caiazza, Fabio Segreti, Maddalena Russo, Gianluca Giordano, Carmine Speranza, Emilio Martino, Lia Colizzi, Carlo Madonna, Vincenzo Maiello, Lucio Cricrì, Michele Riggi.

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