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Cronaca

Donna uccisa, svolta dopo 25 anni: indagata maestra casertana

La tesi di laurea in criminologia fa riaprire il caso: sospetta gelosia dietro il delitto della giovane segretaria

E' un'insegnante originaria di Caserta l'indagata per l'omicidio di Nadia Cella, la 24enne uccisa nel 1996 a Chiavari (in provincia di Genova) nello studio del commercialista dove lavorava come segretaria. A far riaprire il caso è stata una studentessa di Criminologia dell'Università di Bari, Antonella Pesce Delfino, che - riprendendo in mano il fascicolo per la sua tesi di laurea - è arrivata a stringere il cerchio su Annalucia Cecere, oggi 53enne ed ex insegnante a Cuneo.

Il profilo dell'insegnante sospettata di omicidio 

Un nome che era già finito nel mirino degli inquirenti, la cui posizione però era stata in principio archiviata. Ed oggi i sospetti tornano su di lei. Cecere negli anni '90 era arrivata a Chiavari. Donna delle pulizie nei condomini, segretaria in studi professionali prima di trasferirsi in Piemomte dove aveva iniziato ad insegnare. Prima qualche supplenza a Boves, nel cuneese, poi di ruolo a San Michele Mondovì fino a quando è stata destituita dal servizio nel 2017. Questo il ritratto della donna ora sospettata per omicidio a distanza di 25 anni.

L'omicidio

L’omicidio di Nadia Cella è uno dei cold case più famosi d’Italia, soprattutto per le sue caratteristiche: nessuna ombra nella vita di quella ragazza di 24 anni della provincia ligure, nessun rancore celato, nessun litigio, nessun nemico, nessuna gelosia che potesse spiegare una morte così violenta. Un mistero da camera chiusa, la sua morte, proprio come nei più tradizionali romanzi gialli. Perché Nada è morta in un appartamento adibito a ufficio di un popoloso palazzo del centro di Chiavari, in via Marsala, e nessuno dei residenti ha sentito né ha visto nulla di preoccupante. Eppure in qualche momento imprecisato tra le 7 e le 9 della mattina del 6 maggio 1996 Nada è stata aggredita in modo così efferato che la corsa in ospedale sarà solo un vano miraggio di salvarla.

Il delitto scuote la città ed esce dai confini regionali, i nomi dei protagonisti iniziano a diventare noti: oltre a Nada, la vittima, è quello del commercialista Marco Soracco a venire pronunciato più di frequente. È lui a trovare il corpo e a chiamare i soccorsi, e sempre lui abita nello stesso palazzo, ma qualche piano sopra, con la madre. L’ipotesi iniziale è che Nada sia caduta e abbia battuto la testa, ma l’intervento chirurgico, purtroppo vano, cui viene sottoposta la ragazza all’ospedale di Lavagna evidenzia ferite talmente gravi da non poter essere dovute a una banale caduta.

La scena del crimine "contaminata"

Nada è stata uccisa nel breve periodo di tempo compreso tra il suo arrivo in ufficio, dopo avere accompagnato la madre al lavoro, e l’arrivo di Soracco in ufficio per la giornata lavorativa. Sbattuta contro il muro, spinta contro i mobili, colpita alla testa diverse volte con inaudita violenza, e poi lasciata in fin di vita. Alla notizia della morte il palazzo di via Marsala si riempie di persone, vicini e curiosi accorrono, nell’appartamento diventato ormai scena del crimine e sul pianerottolo c’è un via vai che confonde ulteriormente eventuali tracce su cui sono già passati Soracco, la madre e i soccorritori. Il modo in cui la scena del crimine è stata gestita è una delle tante critiche mosse agli investigatori di allora.

Il movente

All’epoca poco più che trentenne, proprio Soracco finisce nel mirino degli inquirenti. Gli investigatori vogliono sapere se tra lui e Nada c’era qualcosa, o se era lui ad avere maturato una passione per la segretaria, non corrisposta, che lo ha portato all’esplosione di violenza. Soracco ha sempre negato, ma il fatto che la madre avesse ripulito l’ufficio dal sangue nei minuti successivi al trasferimento di Nada in ospedale avevano fatto crescere i sospetti. Il commercialista venne torchiato, indagato e poi prosciolto. Nel calderone delle persone ascoltate dagli inquirenti era finita però anche una donna. Annalucia Cecere, all’epoca dei fatti 28 anni, era stata vista da due testimoni passare davanti al palazzo del commercialista la mattina dell’omicidio.

La svolta nelle indagini

A casa sua erano stati trovati, in un cassetto, dei bottoni di una giacca da uomo del tutto simili a quello trovato sotto il corpo martoriato di Nada in ufficio. Cecere, si ricostruisce, aveva conosciuto Soracco a un corso di ballo, e alcuni accertamenti avevano portato alla luce la sua infatuazione per il commercialista e il tentativo di farsi assumere come segretaria al posto di Nada, mai andato a buon fine. 

Sarebbe questo il movente individuato grazie alla tenacia della criminologa che ha spinto la Procura a riaprire il fascicolo. Lo scorso maggio il procuratore capo Francesco Cozzi aveva riaperto l’inchiesta, e nei giorni scorsi è stato dato incarico agli esperti della scientifica, consulenti della procura, di effettuare una serie di accertamenti irripetibili sui reperti conservati e sopravvissuti sino a oggi. Nelle analisi è coinvolto anche il genetista Emiliano Giardina, lo stesso che ha partecipato alle indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio e che è risalito a “Ignoto 1”, che si occuperà di analizzare il dna.  

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