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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

Imprenditori ritenuti 'soci' di Zagaria respingono le accuse ma la Dda solleva dubbi

I fratelli Diana: "Noi vittime delle estorsioni del clan, nessun privilegio"

“Abbiamo pagato come tutti le estorsioni a Zagaria, non siamo mai entrati in affari con i Casalesi”. Sono le dichiarazioni rese nel corso dell'udienza celebrata dinanzi alla Terza Sezione Penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta dal giudice Luciana Crisci, dai fratelli Antonio e Nicola Diana nel processo a loro carico per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi.

Nel loro esame i due germani hanno chiarito al Sostituto Procuratore Fabrizio Vanorio della Dda di Napoli che non sono mai stati "espressione imprenditoriale" del capoclan dei Casalesi Michele Zagaria secondo la ricostruzione del magistrato antimafia e che non rientravano nel 'cerchio magico' degli imprenditori vicini a Zagaria né che grazie alla loro attività nel riciclo della plastica facessero da cassa di cambio per gli assegni del clan o che in qualche modo fornissero liquidità al boss.

“Da noi sono venuti a ‘ bussare’ come con tutti , se fossimo stati privilegiati o in affari con loro non ci avrebbero chiesto nulla” hanno sottolineato gli imputati. I fratelli Diana a cui venne attribuito il titolo di imprenditori anticamorra poiché figli di Mario Diana, vittima innocente della criminalità organizzata, sono coinvolti nell’indagine che attraverso le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, permise di ricostruire l’esistenza di un rapporto operativo tra il mondo dell’imprenditoria e la fazione Zagaria del clan dei Casalesi. Il patto criminale stretto col clan avrebbe consentito agli imprenditori di godere di una protezione e di una tranquillità operativa tali da permettere agli stessi di raggiungere, nell’area territoriale di competenza del clan, una posizione imprenditoriale privilegiata. In cambio, secondo le risultanze investigative, il clan avrebbe ottenuto dai Diana "prestazioni di servizi e utilità", quali il cambio assegni e la consegna sistematica di cospicue somme di denaro, necessarie ad alimentare le casse dell’organizzazione camorristica riconducibile a Michele Zagaria.

I due imputati hanno negato le accuse che sono state mosse loro dai collaboratori di giustizia come quelle di Francesco Zagaria alias Ciccio e’ Brezza, Attilio Pellegrino, Massimiliano Caterino che li individuavano come ‘partecipi’ negli affari del clan grazie ad investimenti fatti con lo stesso capoclan. “ Li abbiamo denunciati quelli del clan gli stessi che ci venivano a fare le estorsioni” hanno evidenziato i germani. Eppure lo stesso collegio nonché il magistrato antimafia hanno sollevato dubbi sul fatto che di punto in bianco proprio poco dopo l’arresto di Michele Capastorta i ratei estorsivi nei loro confronti si sono fermati. Dubbi del presidente del collegio anche sull’importo stesso delle estorsioni, a parere del Tribunale, troppo bassi per un volume di affari della società Erreplast molto allettante per il clan dei Casalesi.

Si torna in aula alla fine del mese di novembre per le escussioni dei testi della difesa. Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Carlo De Stavola, Claudio Botti, Giuseppe Saccone, Giuseppe Stellato.

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