rotate-mobile
Cronaca Casapesenna

Imprenditori 'amici' di Zagaria, le accuse di Ciccio 'e Brezza e i dubbi dei giudici

Il collaboratore di giustizia racconta i rapporti tra il boss ed i fratelli Diana ma troppi i "non ricordo"

Francesco Zagaria, alias Ciccio e' Brezza, lancia pesanti accuse contro i fratelli imprenditori di Casapesenna Antonio e Nicola Diana, titolari della società Erreplast, ma emergono molti dubbi nello stesso collegio giudicante.

"Erano imprenditori vicini a Zagaria"

È quanto accaduto nel corso dell'udienza celebrata dinanzi alla Terza Sezione Penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, collegio presieduto dal giudice Luciana Crisci, nel processo a carico dei fratelli Antonio e Nicola Diana che rispondono del reato di concorso esterno in associazione mafiosa alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi. Secondo le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia i gemelli Diana "erano intoccabili ... erano persone legatissime al clan già ai tempi di Bardellino. Nel periodo in cui Vincenzo Zagaria erano libero i rapporti li tenevano con loro e Michele soprassedeva. Dopo il suo arresto tutti gli imprenditori facevano capo a Michele".

Secondo la Dda partenopea i Diana sarebbero stati "espressione imprenditoriale" del capoclan dei Casalesi Michele Zagaria. Rientravano quindi nel 'cerchio magico' degli imprenditori vicini a Zagaria e che grazie alla loro attività nel riciclo della plastica facessero da cassa di cambio per gli assegni del clan o che in qualche modo fornissero liquidità al boss. Secondo quanto dichiarato da Ciccio e' Brezza, Michele Zagaria avrebbe investito del denaro nella Erreplast in qualità di socio occulto. "Giovanni Garofano mi disse che Michele aveva messo un milione e mezzo di euro nella società dei Diana ma non so per quale affare".

I dubbi dei giudici

Sul punto lo stesso presidente del collegio ha avuto dei dubbi su quale fosse il ritorno economico di Zagaria nell'essere socio occulto nella società coi Diana. Il collaboratore ha solo spiegato che il vantaggio derivava dagli utili prodotti dalla società che non ha poi saputo quantificare o spiegare in che misura venissero calcolati. Si sono susseguiti una serie di "non ricordo e non lo so" che ha lasciato spazio a molti dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni del pentito allo stesso collegio giudicante.

La mazzetta da 60mila euro in un bar a Caserta

Francesco Zagaria ha poi raccontato al collegio ed al Sostituto Procuratore Fabrizio Vanorio di aver avuto l'incarico di dare del denaro ad uno dei Diana. La consegna di circa 60.000 euro avvenne in un bar di piazza Vanvitelli a Caserta. Secondo il racconto del pentito il bar era aperto e c'erano persone al suo interno ma lui si mise in disparte e consegnò il denaro. Circostanza, però, contestata dal difensore dei fratelli Diana, l'avvocato Carlo De Stavola, giacché il bar risultava chiuso già sei mesi prima del presunto incontro.

"Hanno favorito la latitanza del boss"

Ciccio e' Brezza ha poi riferito che i Diana avessero favorito la latitanza di Michele Zagaria a Casapesenna nelle abitazioni dei familiari; altra circostanza non ben circostanziata dal teste che ha rifilato alle difese una serie di "non lo so". Nel corso dell'escussione del pentito il collegio ha nutrito forti dubbi sulla stessa contestazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Si torna in aula nella prima settimana di novembre per l'esame dei gemelli Antonio e Nicola Diana.

I fratelli Diani a cui venne attribuito il titolo di imprenditori anticamorra poiché figli di Mario Diana, vittima innocente della criminalità organizzata, sono coinvolti nell’indagine che attraverso le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, permise di ricostruire l’esistenza di un rapporto operativo tra il mondo dell’imprenditoria e la fazione Zagaria del clan dei Casalesi. Il patto criminale stretto col clan avrebbe consentito agli imprenditori di godere di una protezione e di una tranquillità operativa tali da permettere agli stessi di raggiungere, nell’area territoriale di competenza del clan, una posizione imprenditoriale privilegiata. In cambio, secondo le risultanze investigative, il clan avrebbe ottenuto dai Diana "prestazioni di servizi e utilità", quali il cambio assegni e la consegna sistematica di cospicue somme di denaro, necessarie ad alimentare le casse dell’organizzazione camorristica riconducibile a Michele Zagaria.

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Carlo De Stavola, Claudio Botti, Giuseppe Saccone, Giuseppe Stellato.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Imprenditori 'amici' di Zagaria, le accuse di Ciccio 'e Brezza e i dubbi dei giudici

CasertaNews è in caricamento