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Cronaca San Cipriano d'Aversa

Tratta sulla rotta balcanica, torna libero 40enne

I giudici hanno annullato l'ordinanza di custodia cautelare a suo carico

Torna libero Muhammad Agha Ghazi, 40enne afgano residente a San Cipriano d'Aversa, implicato in una maxi operazione della Questura di Crotone che ha portato all'esecuzione di 29 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Catanzaro nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili di appartenere ad un'associazione transnazionale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione e di riciclaggio.

La Seconda Sezione Penale del Tribunale di Catanzaro in composizione collegiale, presieduta dal giudice Mario Santoemma, con a latere i giudici Barbara Elia e Silvia Manni, accogliendo la richiesta di riesame proposta nell'interesse dell'indagato afgano (a cui sono contestati i reati di associazione e 4 ipotesi di riciclaggio) dal suo legale l'avvocato Alessandro Cassandra avverso il provvedimento cautelare emesso dal gip del Tribunale di Crotone, ha annullato l'ordinanza per carenza della gravità indiziaria disponendo la liberazione di Ghazi.

Per 10 milaeuro circa garantivano ai migranti l’arrivo in Italia attraverso la cosiddetta “rotta balcanica marittima”. Oltre a favorire l’immigrazione clandestina, gli indagati erano specializzati anche nel riciclaggio del denaro derivante dall’attività illecita. Il gruppo ben articolato in cellule presenti in Italia e all’estero, pur con compiti differenti, avevano l’obiettivo di far arrivare i migranti in Italia a bordo d’imbarcazioni tipo veliero con partenza dalla Turchia e dalla Grecia con destinazione finale al Centro-Nord Europa.

L’indagine iniziata nel 2018 ha svelato come fosse stato creato un sistema di accoglienza illegale, organizzato tra l’estero e i diversi capoluoghi italiani coinvolti che comprendeva anche il vitto e l’alloggio nelle diverse tappe (Crotone, Lecce, Brindisi, Foggia, Grosseto, Imperia, Milano, Torino, Trieste) e al quale i migranti si affidavano completamente fin da quando prendevano i primi contatti con la cellula turca nel quartiere di Aksaray.

Stabilito il prezzo per il trasferimento fino in Nord Europa, che poteva essere compreso tra i 7 e i 15 mila euro, i migranti corrispondevano una prima parte del denaro mediante il sistema hawala per raggiungere il confine con la Grecia, in genere nella città di Salonicco. Alla cellula greca consegnavano la seconda parte del denaro per entrare in Grecia da dove poi si imbarcavano per il Sud Italia.

Le località di sbarco nel nostro Paese venivano concordate ogni volta con la cellula italiana che con 500/ 600 euro favoriva il trasferimento verso il confine con la Francia e la Slovenia. Infine, da Ventimiglia o Trieste, i migranti pagavano un ulteriore prezzo, concordato da un tariffario, per superare il confine a bordo di camion, treni o taxi, in relazione alle disponibilità economiche degli stessi; se qualcuno non fosse stato in grado di pagare le somme stabilite, sarebbe rimasto bloccato in Italia nel luogo di raccolta.

L’indagine ha messo in luce anche come avveniva il riciclaggio del denaro proveniente da tale attività.  L’organizzazione si avvaleva di prestanome che prelevavano i soldi da una cassa comune dove convergeva il denaro dei migranti per poi trasferirlo all’estero tramite il sistema Money Transfer.

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