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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Vitulazio

Frode fiscale da 144 milioni di euro: 46 indagati. Ci sono 2 imprenditori casertani

Il sistema delle false compensazioni per non pagare iva e oneri previdenziali

Avrebbero costituito società cartiera per creare crediti iva "inesistenti" che avrebbero consentito di evadere il fisco con il sistema delle compensazioni. Un giro d'affari da decine di milioni di euro per il quale la Procura di Napoli (i sostituti procuratori Sergio Raimondi, Mariasofia Cozza e Silvio Pavia) ha chiuso le indagini e si prepara a chiedere il processo nei confronti di 46 indagati. 

Tra coloro che rischiano il giudizio anche Luigi Scavone, imprenditore 47enne di Vitulazio già finito al centro dell'inchiesta sull'Alma, società di lavoro interinale, e condannato in primo grado per frode fiscale. E l'inchiesta per la quale sono stati emessi gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari riguarda proprio una costola dell'indagine "Accolli d'oro" che portò ad arresti nel 2019. Ma se nella prima inchiesta ci si fermò al 2017, stavolta gli inquirenti mettono nel mirino anche gli anni d'imposta 2018 e 2019.

Secondo l'accusa, Scavone insieme a Francesco Barbarino, 52enne di Napoli, entrambi indagati e amministratori di fatto dell'Alma oltre che di diverse società sempre riferibili allo stesso gruppo, ricorrendo a professionisti formali intestatari delle credenziali Entratel e altri materiali utilizzatori di queste ultime per gli invii telematici di F24 recanti in compensazione crediti fiscali inesistenti avrebbero effettuato compensazioni indebite per complessivi 144 milioni di euro tra il 2017 ed il marzo 2019. 

Tra gli indagati figura anche Andrea R., 29enne di Marcianise, rappresentante legale di una società che nel 2018 aveva sottoscritto la dichiarazione Modello Iva per l'anno d'imposta 2017 recando un credito inesistente di circa 10mila euro utilizzato da Alma, nel corso del 2018, per compensare debiti tributari e previdenziali. Stesso schema era stato utilizzato per attuare la frode per altre società sempre riconducibili a Scavone e Barbarino. 

Secondo gli inquirenti, la frode fiscale permetteva di non pagare le imposte, i contributi previdenziali e assistenziali dei dipendenti attraverso una compensazione con crediti tributari fittizi. In un primo momento, alcune società “cartiere” (prive cioè di strutture operative e/o mezzi imprenditoriali adeguati) formalmente estranee al gruppo, ma di fatto riconducibili agli indagati, creavano un credito iva inesistente, mediante false fatturazioni. Successivamente tale credito veniva ceduto alle compagini operative del gruppo con un contratto di “accollo”, solo formalmente ineccepibile, nel quale il fittizio credito iva veniva addirittura asseverato (certificato) dai professionisti abilitati compiacenti. Infine le imprese del gruppo azzeravano i loro carichi tributari e contributivi utilizzando in compensazione il falso credito iva acquisito attraverso gli atti di accollo.

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