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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Fermati con droga e drone fuori al carcere: 3 ai domiciliari. Donna torna libera

La decisione del gip all'esito dell'udienza di convalida. Una degli indagati chiarisce: "Non li conosco"

Arresti domiciliari per Andrea Raucci, 38enne di Marcianise, Diamante Nebbia, 37 anni di Casaluce e Carmela Liccardo, 49enne di Santa Maria Capua Vetere. Libera Laura Cristina Iodice, 32 anni nata in Colombia e residente nel casertano. È quanto disposto dal gip Orazio Rossi del tribunale di Santa Maria Capua Vetere all'esito dell'udienza di convalida del fermo per i quattro fermati con la droga ed un drone nei pressi del carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Dinanzi al gip sammaritano assistiti dai loro legali - Mirko Del Giudice per Liccardo, Stefano Vaiano per Iodice, Umberto Di Gennaro per Raucci, Clemente Mottola per Nebbia -  i quattro hanno fornito la loro versione dei fatti. Carmela Liccardo ha asserito di non conoscere gli altri occupanti della Fiat Panda a bordo della quale sono stati fermati se non Diamante Nebbia che era seduto con lei sui sedili posteriori. Iodice e Raucci si sono assunti fin dalla perquisizione dei carabinieri casertani la proprietà del borsone contenente droga e drone chiarendo poi le dinamiche di consegna all'interno dell'istituto penitenziario Francesco Uccella dove sono stati fermati nella notte tra lunedì e martedì.

Nella vettura su cui viaggiavano i quattro sono stati rinvenuti 1 kilo e 300 grammi di hashish suddiviso in 32 pacchetti, 60 grammi di cocaina, 7 telefoni cellulari e 4 micro cellulari muniti di altrettanti caricabatterie. La merce era stata suddivisa in 6 plichi di uguale peso. Rinvenuto anche un drone che per struttura e capacità di carico avrebbe potuto trasportare i pacchetti nel penitenziario.

L'attività investigativa della Procura a firma dei Sostituti Procuratori Mariangela Condello e Iolanda Gaudino ha messo in luce un fiorente commercio di droga e cellulari all'interno dell'istituto penitenziario. Difatti droga e telefonini non sarebbero stati impiegati per uso personale ma rivenduti all'interno della casa di reclusione secondo uno schema che avrebbe poi consentito alle famiglie dei detenuti di 'mantenersi' e 'mantenerli'. Tesi poi avvalorata dalle innumerevoli perquisizioni nelle celle ad opera della polizia penitenziaria. Altro elemento peculiare emerso dall'indagine è l'applicazione di una sovrattassa applicata per il rischio del trasporto e sulla stessa merce consegnata.

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