La poesia medievale al Duomo di Casertavecchia con l'Altro Teatro
Domenica 18 marzo, a partire dalle 10,30, all'interno del Duomo di Casertavecchia arriva la poesia con Donna de Paradiso e lo Stabat Mater. La rappresentazione è curata da Diotima-L'altro teatro con la regia di Gianni Gallo che al termine reciterà la "Preghiera di San Bernardo alla Vergine" tratta dal canto XXXIII del Paradiso della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Donna de Paradiso è il testo più celebre del poeta medievale Jacopone da Todi. E' il primo esempio di "lauda drammatica" in quanto propone un dialogo tra più personaggi sulla crocifissione di Cristo, al centro della quale vi è il dolore di Maria per il martirio del proprio figlio (gli altri interlocutori sono Gesù stesso, la folla degli ebrei e un fedele che descrive le fasi del supplizio, probabilmente l'apostolo Giovanni. Sono presenti anche la Maddalena e Pilato a cui la Madre implorante si rivolge).
Il mistero dell'incarnazione di Cristo, impossibile senza l'intervento tutto terreno di una giovane donna, semplice ed umile , è espresso attraverso la pena tutta umana della Madre per le sofferenze a Lui inflitte. Il racconto della Passione, pertanto, diventa un dramma concreto e naturalissimo accentuato dal movimento drammatico delle voci che si susseguono.
Jacopone ha affrontato il tema del dolore della Vergine per la morte di Cristo anche nell'inno latino "Stabat Mater", a lui generalmente attribuito, che in parte verrà declamato nella rappresentazione. Il carattere polifonico, di poesia a più voci, è strettamente associato a una concitazione narrativa che esprime i sentimenti drammatici e contrastanti da cui la scena è dominata: stupore, dolore, odio, amore. Fino a distendersi, nell'ultima e più lunga battuta pronunciata da Maria, in una sofferta e quasi ininterrotta invocazione, dove si sommano il più tenero affetto e il dolore più straziante. All'interno della lauda il personaggio di Maria assume particolare rilievo e viene rappresentato essenzialmente nella sua umanità di madre. La Madre appare come una donna disperata per la vicenda del figlio, la cui condanna e morte le sono del tutto incomprensibili, dal momento che Cristo «non fece follia», «a torto è accusato», «non ha en sé peccato».
La madre vede il proprio figlio martirizzato, «ensanguinato» e vuole allora morire con lui, salendo sulla stessa croce sulla quale Cristo è riposto. La sua disperazione compare nel famoso "corrotto" (lamento funebre), nel quale con i più dolci appellativi si rivolge alla sua creatura che non è riuscita a sottrarre al martirio. La Madre non coglie nella morte del figlio l'esperienza necessaria per la redenzione dell'umanità dal peccato originale, ma solo l'aspetto terreno di terribile sofferenza. Anche Cristo rivela attenzioni da figlio nei confronti della Madre, che affida alle cure amorevoli di Giovanni, esortandola a restare in vita per servire i «compagni ch'al mondo» ha «acquistato» È evidente che l'alta materia della Passione dal piano teologico è scesa a quello umano e spettacolarizzato; questo consente al pubblico, a cui è destinata la lauda, di identificarsi nel dramma della madre e del figlio e di parteciparvi.