Borrelli al Comunale con "Malacrescita"
Martedì 21 gennaio alle 20,45 al Teatro Comunale di Caserta, Mimmo Borrelli poerterà in scena Malacrescita.
La storia è quella di tale Maria Sibilla Ascione: ignara e innocente bambina, nel nome già destinata ad una condizione di metà Vergine innocente, metà Maga, strega furente. La bambina viene segnata dalle barbarie maschili fin dall’età di sette anni, quando il padre stesso per ignoranza e vuoi anche ingenuità, nella corsa frenetica di proliferare maggiormente anche col raccolto, inizia “pompare” i propri pomodori, in tal caso con degli estrogeni formidabili che ne accelerano la crescita in pochi giorni. Costui però ignaro degli effetti collaterali che questi possono avere su di una creatura di pochi anni e nel pieno dello sviluppo, ne fa mangiare tanti alla piccola Maria Sibilla, in miriadi di salse. In tal modo la poverina ne acquisisce rapidamente le stesse sintomatiche accelerazioni della crescita, che le determinano un afflusso di mestruo precoce. Innocenza segnata nella vendetta. Vendetta segnata dal sangue, tra pareti esterne delle cave oscure dell’utero femminile, fin dall’infanzia. La nostra bambina cresce diventando una bellissima, intelligente, arguta adolescente, affascinata dal luccichio impolverato della curiosità libresca. Ma è a questo punto che arriva l’Anticristo, il Giasone risorto dai libri di scuola, tale Francesco Schiavone detto Santokanne: intraprendente bulletto di periferia determinato e disposto a tutto, per favorire la sua ascesa al potere, tra le fila delle cosche camorristiche. Di costui Maria s’innamora perdutamente e per lui compie ogni misfatto. La poverina per lui dunque distrugge se stessa e la sua famiglia uccidendo il fratello e facendo morire di crepacuore e collera il padre, fugge via e si nasconde straniera ed esule a Cuma: la terra dei suoi nonni dove però vi ritorna esule, scacciata e perseguitata da tutti. Qui nella sua latitante clausura rimane incinta. Nove mesi di vomitevoli strazi mentre Santokanne come un gallo sull’immonda “compostata” aia del tradimento, intrattiene fughe amorose con diverse donne del paese, senza curarsi della poverina e del suo grembo insozzato da un seme che non riconosce più come magico, amoroso e fertilizzante divino, ma come veleno letale da sputar via dalle grandi e piccole labbra stesse della propria vagina, ustionata e scottata da un amore mal corrisposto, come un bolo catarroso di muco verdastro. “Non hai saputo far la madre questa brutta crescita è figlia del tuo malriuscito modo di esser prima donna poi mamma”. Nonostante queste parole terribili del marito in momenti di euforata ubriachezza, Maria si fa di nuovo abbindolare, da false promesse e porta avanti la gravidanza e nonostante anche i tentativi di aborto, mediante espedienti sia magici che medici, pensati, ma mai messi e fino in fondo sommessi in atto, alla fine partorisce due gemelli. Le conseguenze sono gravissime. La madre assassina sopita e aggressiva, la parte maschile sempre segregata ed erroneamente riposta nel subconscio del femminile dalla bigotteria della fede: viene fuori. Viene fuori il mostro: colui che è segnato da Dio e di cui bisogna sempre avere paura. Maria in un momento di follia, attribuendo all’invidia ed alla fascinazione maligna di una gatta e non alla cattiva denutrizione, la colpa di un latitante turgore dei seni, dunque di una mancanza del latte materno in periodo di allattamento: decide e comincia ad allattare o meglio “avvinazzare” periodicamente, ritualmente come in una messa pagana i figli neonati di parto gemellare, per l’appunto con del vino, riducendoli in due mostri, completamente scemi e distruggendo così definitivamente la stirpe di Santokanne-Giasone, pur senza ammazzarli.