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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Corruzione in Comune, la supertestimone: "Con Di Muro nessun accordo"

Di Giovanni va in tilt sotto i colpi degli avvocati nel processo per le mazzette su Palazzo Teti-Maffuccini

Rischia di provocare un corto circuito l'escussione della supertesimone Loredana Di Giovanni, la consulente coinvolta nell'inchiesta sull'accordo corruttivo per la ristrutturazione di Palazzo Teti-Maffuccini a Santa Maria Capua.

Oggi, la "pentita", è stata controesaminata dagli avvocati difensori nel corso del processo che vede alla sbarra Alessandro Zagaria di Casapesenna, l’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Di Muro, Guglielmo La Regina, il dirigente del comune di Santa Maria Capua Vetere Roberto Di Tommaso, il professore Vincenzo Manocchio e gli imprenditori di Casal di Principe Francesco e Nicola Madonna.

E dopo le dure accuse pronunciate la scorsa udienza, quando Di Giovanni ha spiegato al pm come avveniva la corruzione negli enti pubblici, oggi la "gola profonda" ha raccontato ai giudici di "aver intascato da imprenditori somme di denaro" millantando che sarebbero servite per "corrompere le amministrazioni pubbliche".

Le difese hanno insistito molto su alcuni punti ed in particolare su un appalto del Sannio - Alifano, "aggiudicato poi all'imprenditore Antonio Bretto". "Con Bretto ci conosciamo, ci siamo frequentati - ha detto Di Giovanni - fino all'avviso di garanzia. Per quell'appalto Fabrizio Pepe, presidente della Comunità Montana, era presidente della commissione. Ho detto a Bretto che avevo parlato con Pepe intervenendo sulla gara ma non era vero. Lo feci per spillargli dei soldi dicendo che sarebbero andati a Pepe ma Bretto non mi diede nulla". 

Un sistema, insomma, con cui Di Giovanni avrebbe millantato di essere accreditata presso le pubbliche amministrazioni. "L'ho fatto anche per la gara del Pip di Casapulla - ha spiegato - Mi sono vantata con Bretto di avere conoscenze in Comune quando non le avevo". E su questo i difensori hanno ricordato alla donna dei 120mila euro in contanti trovati durante le perquisizioni in casa sua. "Erano soldi di affitti di immobili di proprietà di mio marito - ha chiarito - Avemmo problemi in famiglia e si accumularono. Sono i canoni di fitto di anni". 

Poi Di Giovanni ha parlato anche dei rapporti tra Alessandro Zagaria ed il sindaco Di Muro come "un'amicizia strettamente personale". E quindi si è tornati sull'incontro che sarebbe alla base dell'accordo corruttivo. Tutto era monitorato dalla Guardia di Finanza che segue Di Giovanni. I soldi vengono prelevati a piazza dei Martiri a Napoli. Poi Di Giovanni si mette in macchina e si reca all'Uci Cinema di Casoria dove incontra Mario Palermo Cerrone: "Avevavo rapporti lavorativi - ha spiegato Di Giovanni - in quanto faceva parte di un consorzio che collaborava anche con La Regina, il Consorzio Mediterraneo, per delle gare pubbliche. Io anche collaboravo con La Regina per le gare pubbliche". Successivamente Di Giovanni si reca nella zona ex Saint Gobain a Caserta dove incontra Alessandro Zagaria e Fabrizio Pepe. "Diedi i soldi a Zagaria che si allontanò". I soldi poi sarebbero dovuti passare a Di Muro con il quale però non c'erano, di fatto, accordi. "Ho deciso io che al sindaco doveva andare una quota del 10%, non ho mai parlato con Di Muro di percentuali", ha concluso. 

Il processo è stato rinviato alla prossima settimana. Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Giuseppe Stellato, Angelo Raucci, Giovanni Cantelli, Renato Jappelli, Umberto Pappadia e Giovanni Abet.

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