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Boom di sushi e poke, occhio ai parassiti del pesce crudo

Ecco alcuni consigli per mangiare in sicurezza

Il sushi ha subito un boom clamoroso negli ultimi anni. Tutti almeno una volta lo abbiamo mangiato. A qualcuno è piaciuto ad altri meno. Ma vi siete mai chiesti com'è preparato realmente e a cosa si va incontro se mangiato?

Avete mai sentito parlare di anisakis, istamina e salmonella? Sono i principali pericoli che si trovano nel pesce crudo tipico per preparare il sushi e il sashimi, pietanze della tradizione culinaria giapponese approdata in vari paesi come l'Italia, ma ormai divenuta un trend globale. Sushi bar o all you can eat sono i più famosi locali che troviamo in giro per il mondo. Ma vediamo nel dettaglio quali sono i rischi se si mangia il sushi. 

I rischi: non basta il congelamento

Le formule della ristorazione sono cambiate ma resta comunque il rischio legato al consumo del pesce crudo. In generale è importante prestare grande attenzione alla catena del freddo e all'igiene e del processo di congelamento. Quest'ultimo non è sempre efficace per eliminare i rischi. Il congelamento è obbligatorio solo ai fini della prevenzione da infestazioni di parassiti attraverso il consumo di pesce crudo. Ma ciò non elimina l'istamina e gli additivi aggiunti, che si formano con la cattiva gestione di tonni, alici e sardine, non uccide neanche eventuali batteri, ma rallenta solo la moltiplicazione.  

I parassiti del pesce: non solo sushi ma anche Poke

I microorganismi come la salmonella e Listeria monocytogenes, causano appunto la salmonellosi e la listeriosi. I parassiti vitali del pesce che sia crudo o poco cotto possono determinare nel consumatore una reazione allergica o una forma di ipersensibilità. L'Efsa dice che "l'unico parassita presente nei prodotti ittici destinati al consumo che può causare reazioni allergiche è l'Anisakis, un verme le cui larve possono essere trovate nella carne dei pesci". Tutti i pesci sia d'acqua dolce che salata o pesci selvaggi contengono queste larve. C'è anche da dire che la maggior parte dei pesci usati per il sushi o il sashimi proviene da allevamenti, in particolare il salmone norvegese. Supponiamo che il 30% del salmone importato in Italia finisca nei ristoranti, si tratta di circa 42.000 tonnellate, usato non solo per il sushi ma anche per il Poke negli ultimi anni. 

Ma il salmone norvegese essendo allevato in gabbie a rete aperta sul mare e quindi vi sono dei severi requisiti igienici nel processo di macellazione e lavorazione. Esso si può consumare crudo proprio per questo motivo, e anche perché il mangime del salmone è sottoposto a un trattamento termico che uccide eventuali parassiti. 

Non sottovalutare il colore

Ma anche il colore del pesce non è da sottovalutare. Per esempio quando viene servita una tartare di tonno noterete che il colore non è rosso vivo, ma più scuro, sul colore rosso mattone, questi perché come ogni tipo di carne a contatto con l'ossigeno tende ad ossidarsi, proprio per questo l'industria tende a usare additivi non ammessi per mantenere la carne che sia di pesce che sia di carne più rossa.

Ma arriviamo al punto. Per preparare il sushi, il pesce crudo viene maneggiato molto e in questo passaggio probabilmente vengono trasmessi batteri che provocano diarrea, vomito e altri sintomi più o meno gravi, come il riso che se esposto a sbalzi termici e se non viene mantenuto alle giuste temperature (4°C) per lunghi periodi può causare la formazione di un batterio alimentare, il Bacillus cereus. Le opzioni per evitare ciò sono 2. Il venditore deve raffreddare il riso una temperatura di 5°C o poco meno entro le 2 ore dalla cottura. In alternativa il riso può essere acidificato ad un pH di 4,6 usando dell'aceto di riso, zucchero e sale a temperatura ambiente, fino a 4 ore prima della cottura.  

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