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Scappa dalla guerra e arriva nel casertano: "Qui sono diventato ingegnere"

Ospite del centro di accoglienza 'Emiliano De Marco' di Piedimonte Matese, ha finito le superiori ed è riuscito a laurearsi con lode dopo una vita travagliata

Arriva in Italia dopo un lungo e travagliato viaggio per cercare la "salvezza", si laurea ed ora vuole 'ripagare' il 'Bel paese' per aver avverato il suo sogno. E' la storia di Rahmat Rezai, 28enne originario dell'Afghanistan, arrivato per la prima volta in Italia nel 2007, a 14 anni, dopo aver attraversato Afghanistan, Iran, Turchia e Grecia. Sbarcato a Bari, ha raggiunto con mezzi di fortuna la Campania, dove è diventato ospite del centro di accoglienza 'Emiliano De Marco' di Piedimonte Matese.

“La mia vita è stata come tutti gli altri cittadini afghani, se non peggio”, racconta Rahmat al Fatto.it. Di etnia Hazara, minoranza rispetto ai Pashtun, con la famiglia fugge verso l’Iran a 6 anni. Perde i contatti definitivamente con i suoi genitori dopo un posto di blocco dei Talebani. Arriverà nel Paese con suo zio, finirà per lavorare per produrre borse e zaini. “In Iran ogni giorno la situazione peggiorava: non avevamo il diritto nemmeno di studiare”, ricorda. Rahmat ha resistito per qualche anno. Poi, racconta, è arrivato il momento in cui non aveva più nulla da perdere. E ha fatto una promessa: “Se arriverò in un posto migliore, mi impegnerò con tutte le mie forze”. A 13 anni, dopo aver messo da parte un po’ di soldi, parte con tre amici verso l’Europa. “Per noi era la terra del futuro”. L’obiettivo era raggiungere la Finlandia, anche se “non sapevamo nemmeno dove fosse”. Si sono fermati in Italia, perché l’importante era “stare lontani dal nostro Paese d’origine. E dalla guerra”.

La seconda vita di Rahmat comincia nel centro di accoglienza ‘Emiliano De Marco’ di Piedimonte Matese. “Siamo stati trattati benissimo, le operatrici non ci facevano mancare nulla. Appena ho cominciato ad andare a scuola ho capito che ci sarebbe stato un futuro per me”. Rahmat è ripartito dalla seconda media, completando il liceo scientifico e riuscendo ad ottenere il diploma. Quando, oramai maggiorenne, deve insieme ai suoi amici lasciare la struttura, i gestori decidono di mettere loro a disposizione un piccolo appartamento dove autogestirsi. Tutti cominciano a lavorare. Rahmat no. Si iscrive all’Università Federico II di Napoli ed ottiene la laurea, triennale prima e magistrale poi, in Ingegneria meccanica, con il massimo dei voti.

“Laurearsi in Ingegneria meccanica non è facile. Non pensavo di riuscire ad arrivare a questo punto. Non avevo la mia famiglia, non avevo supporto economico. Sento di aver superato in un certo senso i limiti”, afferma Rahmat, che condivide la gioia della proclamazione con gli amici, i professori, ma soprattutto i gestori della casa di accoglienza, i componenti della famiglia Civitillo: Andrea, Eolo, Genny, Vittorio. “Non ho mai visto persone così generose nella mia vita. Ci hanno fatto crescere: ognuno di noi ha avuto un futuro grazie a loro. Sono stati padri, amici, sempre al nostro fianco. Sono, come mi piace chiamarli, angeli senza ali”.

Ora Rahmat spera di lavorare in un'azienda che produce batterie al litio, dove ha già fatto il tirocinio. L'Italia è ormai diventata la sua terra ed è arrivato "il momento di restituire tutto quello che ho ricevuto", dice Rahmat. Infine l'invito ai giovani a non mollare mai, nonostante la crisi causata dalla pandemia da coronavirus: “Vorrei dire loro di non mollare, di crescere, di studiare come ho fatto io. Ci sono molte persone in altre parti del mondo che hanno tanta voglia di crescere, andare avanti, diventare qualcuno, ma che purtroppo non hanno mezzi economici perché i loro Paesi non sono abbastanza sviluppati da accogliere le loro possibilità”.

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