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La morte di Mena, uccisa nell’agguato fallito a Bidognetti. Ancora senza giustizia

Sono passati 41 anni, eppure una verità giudiziaria ancora non è stata “ufficializzata”. Le indagini non hanno portato ad individuare i killer di Mena Morlando, la giovane insegnante di 25 uccisa il 17 dicembre 1980 a Giugliano.

La ragazza è morta in un agguato camorristico. Si ritrovò a diventare lo “scudo umano” di Francesco Bidognetti, colui che sarebbe diventato, di lì a poco, uno dei boss della sanguinaria armata del clan del Casalesi. Bidognetti era a Giugliano in soggiorno obbligato e finì nel mirino del clan rivale: vecchi esponenti della Nuova Camorra Organizzata, affiliati al boss Raffaele Cutolo. Bidognetti riuscì a salvarsi, Mena no. Fu centrata da un colpo di pistola alla testa che non le diede scampo. Mena quel giorno era scesa di casa per raggiungere una lavanderia poco distante, ma nel corso del tragitto a piedi si è trovata coinvolta nell’agguato diretto a colpir Francesco Bidognetti. I familiari, su tutti il fratello Francesco, si son battuti negli anni perché Mena fosse riconosciuta quale vittima innocente di camorra. Il magistrato Raffaele Cantone ha adottato questa terribile vicenda e nel corso di numerosi interventi pubblici ha sempre sottolineato la matrice camorristica dell’assassino di Mena. La dinamica dei fatti non è mai stata riconosciuta in un processo. Dopo tanti anni la fiammella della speranza non è ancora spenta.

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