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Politica estera, al Senato non passa la mozione di maggioranza

(Roma) Non passa la mozione della maggioranza al Senato in cui si chiedeva al Parlamento di approvare le linee del governo in politica estera. Ad esporle era stato il ministro degli Esteri Massimo D’Alema. A Palazzo Madama i votanti erano 318, 160...

(Roma) Non passa la mozione della maggioranza al Senato in cui si chiedeva al Parlamento di approvare le linee del governo in politica estera. Ad esporle era stato il ministro degli Esteri Massimo D’Alema. A Palazzo Madama i votanti erano 318, 160 i voti per ottenere la maggioranza. I voti a favore della mozione presentata dall’Unione, con prima firmataria Anna Finocchiaro, sono stati 158.

Decisive sono state le inaspettate astensioni dei senatori a vita Giulio Andreotti e Sergio Pininfarina, e quelle dei senatori cosiddetti dissidenti: Fernando Rossi, eletto nelle liste del Pdci, ora indipendente, e Franco Turigliatto, senatore di Rifondazione comunista. Terminata la votazione è subito stato convocato un vertice di maggioranza a Palazzo Chigi, alla presenza dei ministri del governo e dei segretari dei partiti dell’Unione.

Dai ranghi dell’opposizione vengono chieste a gran voce le dimissioni di tutto l’esecutivo. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita a Bologna, dopo essere stato informato telefonicamente dell’accaduto, ha preso l’immediata decisione di tornare nella Capitale.

Alle 19 incontra il premier Romano Prodi, che gli riferirà personalmente ciò che è successo, anche alla luce delle conclusioni scatirute dal vertice di Palazzo Chigi, e del Consiglio dei ministri straordinario che ha preso il via alle 18,15.

Immediate sono state anche le convocazioni di vertici interni ai diversi partiti dell’Unione. Alle 21 di questa sera, quando la situazione sarà più chiara, si riunirà la presidenza della Direzione nazionale dei Ds, che sarà seguita dalla riunione della segreteria nazionale della Quercia.

Al momento le prospettive per l’immediato futuro sono molteplici. Intanto i primi commenti degli esponenti della maggioranza mettono in evidenza la volontà di fare quadrato intorno alla figura del ministro degli Esteri Massimo D’Alema, uno degli esponenti di governo che aveva ottenuto maggiori consensi nel Paese per il suo operato di questi mesi.

Dapprima il capogruppo dell’Ulivo al Senato Anna Finocchiaro, poi il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti hanno confermato che «se il governo non ha la maggioranza è tutto l’esecutivo che deve pagarne le conseguenze, non il singolo ministro». Ora occorre vedere, aggiunge Chiti, «se questa maggioranza è autosufficiente e coesa oppure no».

E proprio il ministro per i Rapporti con il Parlamento è stato colui che maggiormente si è sbottonato maggiormente cercando di analizzare la situazione. «Il momento è grave e serio, il governo non può fare finta di niente e il percorso da seguire nelle prossime ore sarà deciso dal capo dello Stato Giorgio Napolitano sulla base delle informazioni che riceverò da Romano Prodi. Di fronte a un discorso sulla politica estera, chiaro, netto e bello come quello di Massimo D'Alema, è un fatto grave, serio e preoccupante non aver avuto una maggioranza autosufficiente».

Duro l'attacco di Chiti contro i due senatori dissidenti che si sono astenuti al momento del voto: «E' grave che alcuni singoli dell'Unione, mentre altri che dissentivano hanno comunque fatto prevalere lo spirito di lealtà, abbiano preferito votare contro».

«Sulle prossime mosse deciderà Romano Prodi e con lui tutti noi perchè un governo che voglia innovare può andare avanti solo con una maggioranza autosufficiente». Ma il percorso per uscire dalla crisi potrebbe essere un ritorno alle Camere per ottenere la fiducia? «Sarebbe scorretto dirlo ora - risponde il ministro - deve valutare Napolitano».

Secondo Chiti, inoltre «è molto grave che un senatore eletto nel centrosinistra, e cioè Sergio De Gregorio, sia stato fatto trasmigrare nelle file dell'opposizione».

Intanto cominciano ad arrivare i primi autorevoli commenti su ciò che è successo oggi a Palazzo Madama. Tra i primi ad essere interpellati sono stati i sindaci di alcune grandi città in mano al centrosinistra. Se Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, e Sergio Cofferati, primo cittadino di Bologna, si sono limitati a dire che «la situazione è molto grave» e che «ora ogni scenario è possibile», un'analisi più approfondita è stata fornita dal sindaco di Roma Walter Veltroni.

«Quello che è successo oggi in Senato - ha detto il primo cittadino della Capitale - è la conseguenza della legge elettorale, che produce una situazione di instabilita' nel Paese per la quale tutte le forze politiche si dovrebbero preoccupare. Credo - ha aggiunto - che quello che è avvenuto oggi sia qualcosa di molto negativo per il Paese, tra l'altro proprio in un momento in cui inizia a vedersi l'azione positiva del governo nell'economia». La bocciatura sulla politica estera, avviene «per di piu' in un campo- sottolinea Veltroni- in cui negli ultimi mesi l'Italia ha conquistato risultati molto positivi e di prestigio internazionale crescente, grazie al lavoro del presidente del consiglio e del ministro degli Esteri».

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