"Un tebbirile intanchesimo", la fiaba 'dislessica' all'associazione Labis
"V’era una ciolta, in un paese tonlano tonlano, una sgreta tacchiva e dislessica chiamata Fiaba…". Nella sede dell'associazione Labis di via Tanucci a Caserta sabato 6 maggio alle 18 la presentazione del libro "Un tebbirile intachesimo", fiaba dislessica scritta da Carlo Sperduti e illustrata da Resli Tale. Dialogherà con gli autori il fantasiologo Massimo Gerardo Carrese.
Si tratta di un racconto le cui strutture – linguistica, concettuale, narrativa – si basano sull’inversione. L’inversione linguistica genera un parlato molto simile alla dislessia, che con la dislessia ha però, oltre ad alcuni punti in comune, alcune divergenze. Di fatto, la lingua del racconto incontra incidentalmente indicatori dislessici come lo scambio di vocali e consonanti all’interno di una parola o tra gruppi di parole o locuzioni (ad esempio, rispettivamente: tebbirile; la quase era fresta) ma non presenta altre caratteristiche dislessiche come i salti di righe o l’eliminazione della lettera h (che è perfino aggiunta laddove le necessità foniche del racconto lo richiedono): in effetti, si è chiamato in causa qui il parlato, e non lo scritto, perché il modello di riferimento è il racconto della tradizione orale, la storia attorno al fuoco in cui l’inversione non può che avvenire al livello del suono, della voce: intanchesimo, non intancesimo; tacchiva, non tacciva.
Ma "Un tebbirile intanchesimo" non è un racconto sulla dislessia, è semmai un racconto della dislessia: in esso non si vuole tanto dire qualcosa ma dire qualcome, ed è il qualcome a generare il qualcosa: in altre parole è l’espediente formale a generare la trama e perfino la protagonista: Fabia esiste in ragione della sua stessa peculiarità linguistica, come inversione di fiaba, e il suo incantesimo, che rende tutti dislessici, non può che essere risolto da un paradosso basato sullo stesso tipo di inversione, laddove la condizione per renderlo inane è quella di pronunciare correttamente una frase scorretta e autoreferenziale: L’unico modo di scioreglie l’intanchesimo è pronunciare cotterramente questa srafe, la cui giusta pronuncia è appunto quella sbagliata, che però non può riuscire a un lettore affetto da inversione, che la leggerà in italiano corretto, e cioè sbagliato.
L’inversione come generatore narrativo è applicato anche a un ulteriore piano del testo, quello della voce narrante: all’inizio del racconto ci troviamo di fronte a ciò che sembra essere un narratore in terza persona che esprime il punto di vista della comunità – l’avversione nei confronti della sgreta tacchiva – ma che si rivela, nel finale, una prima persona camuffata, e non certo una prima persona qualunque: è colui che, innamorato di Fabia, ha volontariamente continuato a parlare come lei anche quando gli effetti dell’incantesimo sono stati debellati, e che ha guidato il lettore da un punto di vista al suo opposto.