Il dramma della bulimia nell'Ofelia di Tirelli
Da Shakespeare ai disturbi alimentari dei tempi moderni. E' questa la rivisitazione di "Ofelia in the dog days", in scena sabato alle 21 (con replica domenica alle 19) al Officina Teatro di San Leucio.
Nel testo Ofelia soffre di anoressia e bulimia, ed è fidanzata con Amleto. La sua vita è profondamente condizionata dai disturbi del comportamento alimentare e l’occasione di una possibile promozione a lavoro, per la quale si è impegnata a lungo, fa emergere più forte che mai tutti i suoi problemi. La storia parte dalla figura scespiriana di Ofelia e guarda alle riscritture che ne hanno fatto Jules Laforgue ed Heiner Muller perché la protagonista riprenda, recuperi, ritrovi, si riappropri di sé stessa e scavalchi un ruolo secondario, smettendo di guardarsi vivere.
Ofelia in the dog days prende solo spunto da questo personaggio per concentrarsi sui Dca e attraversare uno degli argomenti più importanti di questi ultimi vent’anni, diventato vera e propria emergenza sociale con tre milioni e mezzo di malati in Italia, 8.500 nuovi casi all’anno e 3240 morti per anoressia nel solo 2016. Le prime manifestazioni dei disturbi coincidono con la fascia d’età compresa tra i 15 e i 25 anni: l’Organizzazione Mondiale della Sanità li ha considerati la seconda causa di morte per le adolescenti dopo gli incidenti stradali.
Eppure, le manifestazioni possono essere successive e addirittura precedenti, tant’è che oggi il 20% dei casi riguarda bambini dagli 8 ai 14 anni. La prevalenza è femminile, mentre i maschi sono cresciuti fino al 10%. Sono molte le leggende da sfatare su questo argomento e bisogna sottolineare che, laddove non si arrivi alla morte, ci sono gravissimi danni all’organismo e alle relazioni sociali.
La storia di Ofelia in the Dog Days vuole disegnare un quadro sincero, abbandonando la didascalia e sottolineando una possibilità di guarigione, ma soprattutto di consapevolezza. E guarda anche all’ironia, perché la vita non è fatta di definizioni nette, neanche nella gioia e nella sofferenza, ma è una commistione incontrollata di tutto.