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"Io non mi arrendo": su Rai Uno Fiorello porta la storia del poliziotto che investigò sulla Terra dei Fuochi, ma è polemica

Caserta - Giuseppe Fiorello torna su Rai1, diretto ancora una volta da Enzo Monteleone, per raccontare una storia di grande attualità: quella di Roberto Mancini, il funzionario di polizia che per primo investigò sui veleni della Terra dei Fuochi...

Giuseppe Fiorello torna su Rai1, diretto ancora una volta da Enzo Monteleone, per raccontare una storia di grande attualità: quella di Roberto Mancini, il funzionario di polizia che per primo investigò sui veleni della Terra dei Fuochi, scomparso per un tumore due anni fa. Una vicenda drammatica e di grande impatto emotivo per ricordare un uomo animato da un forte senso dello Stato determinato a scoprire la verità sull’enorme traffico di rifiuti tossici sversati in Campania e gestito dalla criminalità organizzata. Quella di Mancini è la storia di un poliziotto che non si è mai arreso nelle indagini, nonostante le mille difficoltà e gli altrettanti tentativi di insabbiamento, ma che ha pagato con la vita le sue fondamentali scoperte su quell’ingente traffico di rifiuti tossici. E sono stati quegli stessi veleni, sprigionati da una terra martoriata, a ucciderlo nell’aprile del 2014, quando Roberto si è arreso, suo malgrado, a un tumore. “Io non mi arrendo”, una coproduzione Rai Fiction – Picomedia, prodotta da Roberto Sessa. Una miniserie che vede Giuseppe Fiorello, a un anno di distanza da “L’Angelo di Sarajevo” – record di ascolto della scorsa stagione –, in una nuova fiction di valore civile protagonista nei panni del poliziotto Marco Giordano (liberamente ispirato a Roberto Mancini) e collaboratore alla scrittura e alla produzione. Un film in due puntate, per la regia di Enzo Monteleone, con Massimo Popolizio, Elena Tchepeleva, Paolo Briguglia e con Maddalena Crippa, in onda in prima serata su Rai1 ieri lunedì 15 e oggi, martedì 16 febbraio.

"Quando per la prima volta mi hanno raccontato la storia di Roberto Mancini - ha spiegato l'attore Beppe Fiorello - d’istinto ho provato rabbia e commozione nello stesso momento. Due sentimenti opposti che all’interno di questa avventura umana si alimentano a vicenda. Rabbia, perché la storia di Mancini è piena di ingiustizie, di imperizie, di silenzi, di valutazioni volutamente sbagliate. È impossibile non indignarsi di fronte alla mancanza di dedizione e vocazione alla giustizia da parte di certi organi dello Stato che avrebbero dovuto sostenere Roberto sin da subito nel suo lavoro, collaborando a un’indagine che avrebbe potuto - fin da allora - smascherare un piano scellerato, criminale e irresponsabile. Invece lo hanno lasciato solo".


La fiction però non gode del parere unanime da parte degli attivisti che per anni hanno denunciato gli sversamenti abusivi. Così Angelo Ferrillo: "La comunicazione che accompagna questa fiction grazie all'informazione di Stato è ancora una volta strumentale alle logiche emergenziali. Col terrorismo mediatico è evidente la volontà di continuare a strumentalizzare il nostro problema terrorizzando la gente per speculare poi su finte bonifiche e appalti nella sanità. Si è funzionali a interessi opachi (miliardi di euro) in ballo su sanità e bonifiche". "il servizio pubblico oltre a spendere milioni di euro per fiction di intrattenimento, ha il dovere-obbligo di fare corretta informazione narrando fatti di cronaca attuale che invece vengono puntualmente omessi e censurati in violazione ai principi etici e deontologici della professione giornalistica".

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