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"Come un roveto ardente", la teologia visiva della basilica benedettina di Sant’Angelo in Formis

Capua - La Bibbia per tutti, anche per i poveri (in un’epoca in cui non tutti possedevano il codice linguistico e della lettura); le vicende di Sant’Angelo in Formis e di Capua; l’opera dell'abate Desiderio, i motivi in cui si incrociano elementi...

La Bibbia per tutti, anche per i poveri (in un’epoca in cui non tutti possedevano il codice linguistico e della lettura); le vicende di Sant’Angelo in Formis e di Capua; l’opera dell'abate Desiderio, i motivi in cui si incrociano elementi di storia civile, ecclesiastica, di fede di una delle più straordinarie presenze nel panorama artistico e archeologico italiano. Sembrano essere questi i tratti salienti che emergono dall’opera del Sac. Prof. Don Francesco Duonnolo, pubblicata con i tipi della Libreria Editrice Vaticana dal titolo “ Come un roveto ardente” che reca il sottotitolo .“ La teologia visiva della basilica benedettina di Sant’Angelo in Formis”. Francesco Duonnolo, presbitero dell’arcidiocesi di Capua, a Sant’Angelo in Formis è parroco ed è rettore della Basilica Benedettina. Docente presso l’ISSR di Capua è anche collaboratore presso l’Ufficio Nazionale dei Beni Culturali Ecclesiastici della C.E.I. “Il titolo ci riporta all’immagine - non presente nel ciclo pittorico della basilica santangiolese- dell’incontro – scrive mons. Salvatore Visco, arcivescovo di Capua- di Mosè col Mistero del Dio Unico, fonte di Amore perenne che non si consuma. La luce, l’immagine, il colore entra negli occhi, la bellezza li riempie e produce conoscenza che richiama altri occhi, quelli della fede di vivere nella carità per godere l’eterna beatitudine”. Il testo parte dagli elementi storici ed archeologici della basilica dove, peraltro, emerge, in un’alternarsi di vicende, il ruolo di Desiderio che nel 1072 la costruisce. Esso ricorda che chiesa e contiguo monastero sono donati a Desiderio dal principe Riccardo di Capua nel 1072 e rievoca le diverse vicende storiche che hanno interessato l’opera. Molto ricco l’apparato fotografico che documenta puntualmente il ciclo pittorico con temi dell’Antico e del Nuovo Testamento in una struttura concentrica che riconduce tutto ad un unicum ovvero alla storia della salvezza. “Gli affreschi, si legge nel testo, sono la trascrizione iconologica del testo sacro (…). Il fedele entrando nell’Abbazia non può che rimanere immediatamente catturato dalla visione divina che domina il catino absidale. Nel registro superiore la figura solenne del Cristo Pantocrator”. Quindi la rappresentazione degli arcangeli, dell’Abate Desiderio, di San Benedetto, mentre sulla controfacciata è dipinta una maestosa rappresentazione del giudizio universale. Ricchissima la sezione dedicata al tema degli angeli e al tema mariologico. “La via del linguaggio artistico - conclude Duonnolo - permette di dire Dio attraverso lo splendore delle forme, diventando veicolo eminente non soltanto per l’affermazione di Dio ma anche per la sua ricerca. Una modalità antica e nuova che crea un nesso tra arte e pedagogia. “una vera e propria teologia declinata attraverso l’arte con una pedagogia trasmissiva da parte della chiesa.” Insomma, evangelizzare attraverso la bellezza delle forme sacre rimane possibile “l’artista come già aveva sostenuto Paolo VI nel 1965- ha la possibilità di rendere accessibile e comprensibile anzi commovente il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile di Dio”.

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