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In scena 'Mangiatene tutti', il nuovo allestimento del regista Pino Carbone

Napoli - Debutterà, in prima assoluta, martedì 9 febbraio 2010 alle ore 21.00 al Teatro Nuovo di Napoli lo spettacolo Mangiatene tutti, scritto e diretto da Pino Carbone, presente anche in scena, e presentato da Ente Teatro Cronaca. A dar vita, in...

Debutterà, in prima assoluta, martedì 9 febbraio 2010 alle ore 21.00 al Teatro Nuovo di Napoli lo spettacolo Mangiatene tutti, scritto e diretto da Pino Carbone, presente anche in scena, e presentato da Ente Teatro Cronaca. A dar vita, in scena, oltre allo stesso Carbone, saranno Elena Cepollaro, Andrea de Goyzueta, Francesca De Nicolais, Luca Mancini, Luigi Morra, Fabio Rossi. Il suono è a cura di Alfred K Parolino e Davide Maria Viola, il progetto artistico di Tourbillon Teatro e Etérnit.Lo spettacolo Mangiatene tutti è il risultato di uno studio iniziato nel 2007 e composto dalla creazione di due lavori, basati su un'unica struttura drammaturgica e su un'unica fonte, la Passione di Cristo, che diventa racconto di una città, Napoli, e di un carcere, Poggioreale.
Lo studio Mangiatene tutti # dentro-fuori, della durata di 20 minuti, ha preso vita in due contesti sociali e umani differenti: con un gruppo di attori, detenuti della Casa Circondariale di Poggioreale (Dentro) e con un gruppo di attori professionisti (Fuori). Lo spettacolo definitivo è, poi, divenuto Mangiatene tutti, perdendo la dicitura 'dentro-fuori', poichè il contesto diventa unico e, di conseguenza, il progetto e il lavoro teatrale.
Aprire una questione è l'intento dell'intero progetto. La questione è Napoli, il rapporto con il suo interno, con chi la città la vive soprattutto nel quotidiano. Per raccontare bisogna scegliere una storia: potrebbe essere quella di Cristo.
La Passione diventa racconto di Napoli. Cristo si lascia fare, si lascia percorrere, non si oppone e, quando ci riesce, non si lamenta. Viene coinvolto in un ritmo, dove lo spazio e i corpi si percuotono, dando vita ad un'ossessione, un terremoto, un rituale, alla possibilità per una madre di comunicare con il proprio figlio, morente e inconsapevole. Il figlio, come la città, sembra essere rassegnato a questa condizione. Si vive e si muore su un suolo non sempre ostile ma consumato, degradato.
La carne di Gesù scoppia e brucia così come scoppiano e si dissolvono le relazioni e le energie di una città che si annulla quotidianamente in gesti senza senso, preferendo sempre di più il niente al pensiero. Cresce una rabbia e si urla. L'urlo è rivolto a qualcuno o a qualcosa. 1980: alcuni bambini giocano con le macerie del terremoto. Pietro urla frasi volgari rinnegando tre volte Cristo. Giovanni si traveste e racconta a un microfono quello che vede. Giuda racconta il suo stesso tradimento agli altri. Maria Maddalena trattiene le reazioni, cercando un contatto sottile. Barabba trasforma lo spazio e bestemmia una passione troppo violenta. Maria descrive il corpo del figlio attraverso se stessa. Cristo è bestiale nella misura in cui non è domabile dalle autorità, ma soltanto punibile.
Tuttavia la punizione non è soltanto il punto finale del racconto ma motore della recitazione e gioco di riflessione.La drammaturgia collettiva dello spettacolo è basata su frammenti di Eduardo De Filippo, Erri De Luca, Roberto Saviano, Raffaele Viviani, unitamente a registrazioni di Marina Confalone, Pupella Maggio ed Enrico Caruso.

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