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Ministro Bray promette: 'Faro' tutto quello che e' nelle mie possibilita' per salvare Carditello e renderla fruibile a tutti'

San Tammaro - "Mi piacerebbe fare tutto quello che è nelle mie possibilità per salvare Carditello... Anche qualcosa di più". Così il Ministro per i Beni, le attività culturali e il turismo Massimo Bray è intervenuto sui social network Twitter e...

"Mi piacerebbe fare tutto quello che è nelle mie possibilità per salvare Carditello... Anche qualcosa di più". Così il Ministro per i Beni, le attività culturali e il turismo Massimo Bray è intervenuto sui social network Twitter e Facebook per manifestare la propria vicinanza ad uno dei monumenti simbolo del degrado dei beni culturali in provincia di Caserta. Il Ministro per la seconda volta effettua una visita a sorpresa in provincia di Caserta, dopo il blitz alla Reggia vanvitelliana. Nelle scorse settimane erano stati in tanti, tra sindaco di San Tammaro Cimmino e le associazioni a sollecitare la venuta di Bray. "Carditello - ha spiegato - è chiusa da troppo tempo. Cercherò una soluzione perché torni alla sua bellezza e sia aperta a tutti". A corredo del suo intervento un album fotografico dove si esaltano le bellezze ma anche il degrado in cui versa tuttora il sito borbonico.
Il sito di Carditello ha origine dalla decisione del re Carlo di impiantare un allevamento di cavalli nel feudo appartenente al conte d'Acerra; fu solo durante il regno del figlio Ferdinando che Collecini ebbe l'incarico, nel 1787, di progettare gli edifici che avessero la duplice funzione di "rifugio" reale per la caccia e di azienda agricola. Nelle intenzioni di Ferdinando, Carditello serviva per mettere in risalto la sua adesione alla vecchia politica agricola, mentre San Leucio doveva rappresentare la spinta verso il nuovo modello di sviluppo industriale, nato dalle idee dell'illuminismo, che avrebbe portato benessere alla popolazione.
Oggi Carditello versa in precarie condizioni conservative dopo le vicissitudini subite a partire dall'unità d'Italia, quando la tenuta reale borbonica, passò prima ai Savoia, poi nel 1920 all'opera Nazionale Combattenti ed infine al Consorzio Generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno. Il suo ricco arredo, specialmente relativo alla palazzina centrale con i Reali Appartamenti (quadri, arazzi, mobili etc…), è andato quindi disperso tra le varie residenze reali: Reggia di Caserta, Palazzo Reale di Napoli, Capodimonte etc….

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