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Cultura Calvi Risorta

Garibaldi ricevette i siciliani nella dogana borbonica

Calvi Risorta - Sulla piccola dogana borbonica di Calvi, situata a pochi passi dal castello, si dovrebbe sistemare una targa con scritto "Qui ha sostato Garibaldi il 26 ottobre 1860". Nonostante lo strano restauro che ha dovuto subire e che le ha...

Sulla piccola dogana borbonica di Calvi, situata a pochi passi dal castello, si dovrebbe sistemare una targa con scritto "Qui ha sostato Garibaldi il 26 ottobre 1860". Nonostante lo strano restauro che ha dovuto subire e che le ha praticamente cambiato aspetto, la dogana borbonica calena, oltre ad essere stata una importante sentinella a guardia del valico per Capua, conserva un grande segreto: fu qui e non nel palazzo baronale che si sistemò Giuseppe Garibaldi. Un luogo sicuramente più povero ed angusto, ma strategicamente più idoneo. In questi quattro metri quadri, nell'antico corpo di guardia dei carabinieri, Garibaldi ricevette la Deputazione palermitana che lo invitava sull'isola. Mi è capitata infatti tra le mani – spiega il preside Paolo Mesolella - una corrispondenza di guerra del 1860 che racconta in maniera dettagliata il passaggio e la sosta dell'eroe dei due mondi a Calvi: è una corrispondenza della Gazzetta di Milano del 1 novembre 1860, priva di titolo e siglata solo con la lettera C. Scrive il corrispondente della Gazzetta di Milano "Andiamo dunque innanzi a Pignataro. Lì il figlio di Garibaldi Menotti, che è lì con un battaglione di Lombardi, ci dice che suo padre è a Calvi, che il re è passato lì il mattino…Dagli ufficiali superiori ci vien confermato che Garibaldi è a Calvi e il re a Teano…mentre le nostre vetture vanno a trotto, sotto il lume bianchissimo della luce ci appare, e ci dispare rapidamente innanzi, involta in un cappotto, e con un cappello garibaldino sul capo, una forma svelta, alta, di donna, a forme oltremodo belle, che rasenta la strada, a poca distanza da una fattoria ove sono alloggiate truppe di Garibaldi, confabula con un ufficiale. Fu riconosciuta da taluno per la Contessa…io ebbe nei suoi bei dì a vederla in Torino; sentento a dir da' miei compagni di viaggio cose non belle di lei, ne sentii un'acre punta al cuore di una beltà di paradiso caduta sì in basso. Finalmente giungemmo a Calvi. Erano le 8 della sera. (del 26 ottobre ndr) Garibaldi era lì. Calvi è appena un villaggio. Le poche case decenti, durante le oscene immanità de' soldati borbonici che sino a jeri l'altro scorazzavano su queste terre, sono state abbandonate da' padroni, che tutti per isgomento se ne sono fuggiti. Le case loro son tutte chiuse; Garibaldi non ha voluto che si sforzassero, e si aprissero in assenza de' proprietari. Dato ciò, gli è toccato di alloggiare nell'antico corpo di guardia de' carabinieri.Noi lo trovammo in questo. Figuratevi una sola stanza quadra, con il tetto a cupola bassa. Le pareti nere, nerissime dal fumo; non pavimento, ma nuda terra sotto i piedi, non sedie, non letti, nemmeno, quel che già vi doveva essere, tavolati per istendervisi su e dormire (altro che palazzo baronale ndr). Garibaldi ci ha ricevuto in questa sua dimora di quella notte. Sedeva su una scranna di corda, posando le braccia su un tavolo di legno fracido, con un lume di rame che mandava per cattivo olio una luce affumicata. Quando noi giungemmo, per rischiarare di più, uno de' suoi vi aggiunse una stearica ficcata e tenuta alta sul collo di una bottiglia.Garibaldi ci accolse con quell'affetto che è proprio di lui. Aveva il suo solito cappello in testa. Dalle braccia gli traspariva il suo pled scozzese, e dalle spalle e sul collo gli scendeva sul largo petto uno sciallo di lana grigio. Disse aver caro che questa deputazione che viene per re Vittorio Emanuele si fosse ricordata di lui… Non avea che offrirci; se volessimo sigari, egli non aveane che uno; ma date qua, disse a' suoi compagni che erano lì, e subito questi portarono sul tavolo una decina di sigari che egli gentilmente ci dirigeva. Disse poi della necessità della concordia...che per la primavera l'Italia dovrebbe avere pronti almeno 400 mila soldati…
Noi tutti gli dicemmo… che la deputazione aveva portato seco le medaglie che il Municipio di Palermo ha fatto coniare per gli ottocento sbarcati con lui a Marsala, e aveva anco portato, per presentargliela, la spada che gli offrono i Palermitani. E' la stessa spada che in Firenze era stata fatta per Carlo Alberto; la gradisse quindi di più. Ei ringraziò noi e ci commise di ringraziare i Palermitani, popolo pieno, disse, di entusiasmo e di fermezza. Vedrete, aggiunse, il re Vittorio; vedrete un vero galantuomo; io lo amo come un fratello; sarete certo contenti. Ecco poi una sua lettera. La aperse: era un foglio tutto scritto di mano del re. Gli diceva di averlo cercato tutta la giornata, ed essere dolente di non averlo potuto vedere: che domani egli avrebbe attaccati i Borbonici sul Garigliano e sperava ricacciarli e passare il fiume verso Capua... Il re dava, nella lettera, del "lei" a Garibaldi. Garibaldi la leggeva commosso".
Una corrispondenza, quindi, che ci ricorda anche il singolare rapporto che intercorse tra i Siciliani, il re e il "repubblicano" Garibaldi. Sullo sfondo i luoghi risorgimentali di Calvi: la dogana borbonica, la taverna Mele, il telegrafo di Chiappe, il castello, il seminario settecentesco, il palazzo baronale.

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