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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cultura

Pazza d'Amore di Dacia Maraini al Teatro Civico 14

Caserta - Il 26 e 27 aprile va in scena al Teatro Civico 14 di Caserta Pazza d'amore, spettacolo tratto dal testo di Dacia Maraini, per la regia di Emanuele Vezzoli. Sul palcoscenico Sara Pallini e Antonio Lovascio.In uno studio televisivo una...

Il 26 e 27 aprile va in scena al Teatro Civico 14 di Caserta Pazza d'amore, spettacolo tratto dal testo di Dacia Maraini, per la regia di Emanuele Vezzoli. Sul palcoscenico Sara Pallini e Antonio Lovascio.
In uno studio televisivo una prostituta racconta senza pudore la sua storia. Sotto i riflettori, eccitata dalla luce e dal microfono, "come i cantanti !?" chiede al regista, interrompendo ripetutamente il suo racconto con domande spesso inadeguate. Con i suoi atteggiamenti goffi, sinceri e innocenti non può che creare subito empatia nei confronti di chi, spettatore, vi si trova davanti per ascoltare le sue storie rocambolesche. Al contrario l'atteggiamento disinvolto, sicuro ma a volte impaziente del regista, restituisce un personaggio subdolo, falso e ipocrita. Come un flusso di coscienza la protagonista ci trasporta in un mondo di caleidoscopica umanità dai risvolti perfino grotteschi, accentuati nel rapporto col regista-intervistatore che, sempre più spazientito dalla goffaggine di lei, finisce per imbarbarire senza scrupoli quanto di più sincero e amorevole ci sia nella storia di Renza. Se lo scopo dell'intervista è lo scoop, piuttosto che conoscere e approfondire una vicenda umana, si focalizza l'attenzione su quanto, anche attraverso i media, emerga ancora una concezione del tutto maschilista della nostra società. «La regia si muove secondo due principali linee guida, l'ironia e il grottesco. Lontana da ogni retorica demonizzazione dei mass media, l'attenzione si focalizza piuttosto sull'uso distorto che ne viene fatto. Il personaggio della prostituta dovrebbe apparire come carne da macello, mero materiale pornografico, ma proprio l'intenzione di ridicolizzare la sua umanità ne fa emergere una potenza disarmante. Il linguaggio dei personaggi oscilla tra toni alti e toni bassi, di carattere volgare - nel senso latino del termine vulnus - e citazioni colte, che arrivano quasi piovute dal cielo, proprio come si suol dire voce di popolo voce di Dio. Dal testo alla scena viene traslata questa dualità a testimonianza del fatto che la televisione, nel suo uso distorto, raccoglie davanti a sé ampie fasce sociali, ma l'ipnosi che riesce ad attuare supera ogni barriera linguistica e colpisce indistintamente ogni persona. La scelta di porre gli spettatori tra il palcoscenico/set televisivo, dove si trova la prostituta, e la telecamera accompagnata dalla presenza del regista, che si trova quindi alle spalle del pubblico, fa sì che lo spettatore abbia la sensazione di essere parte attiva nel dramma. Lo spettatore diventa contemporaneamente vittima e carnefice, partecipe dell'ingranaggio televisivo nel soddisfare il proprio voyeurismo e allo stesso tempo spiato alle spalle da un occhio indiscreto, che al momento giusto non perdona nessuno. Non resta che domandarsi: si può chiamare questa Tv in-formazione?» (Emanuele Vezzoli)

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