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Cultura Vairano Patenora

Gianfrancesco racconta il suo film 'Terra Bruciata': "La resistenza è stato l'ultimo atto di eroismo del nostro popolo"

Il regista narra una storia dimenticata: "Terra di Lavoro è la provincia più colpita dalle rappresaglie naziste del Sud"

“Anche noi meridionali dobbiamo essere orgogliosi che i civili durante la resistenza non abbiano abbassato la testa ma che si siano ribellati ed abbiano combattuto”. Così Luca Gianfrancesco, regista originario di Vairano Patenora, commenta la prossima uscita del suo film “Terra Bruciata – Il laboratorio italiano della ferocia nazista”, che sarà presentato domenica 15 aprile a Riardo nell’ambito di un’iniziativa per Emergency e la cui prima nazionale sarà proiettata a Roma, al Cinema Farnese, il prossimo 19 aprile mentre il film arriverà a Caserta proprio nel giorno della liberazione.

Terra bruciata

Gianfrancesco, cos’è Terra Bruciata?

“Terra Bruciata è quello che si definisce un docudrama. Si prende spunto da interviste che costituiscono la parte documentaristica del film. Le testimonianze poi rivivono, con gli eventi raccontati che sono stati ricostruiti e trasformati in unità drammaturgiche che vanno a comporre la fiction”.

Di cosa parla il suo film?

“Il film racconta dell’autunno del 1943 nella parte settentrionale del Mezzogiorno d’Italia ed in particolare in provincia di Caserta. Si parte da quella che fu la strage di Conca della Campania del 1° novembre 1943 quando 19 civili sono stati trucidati da una pattuglia di militari tedeschi. Da lì abbiamo poi allagato il fronte andando a riscoprire una pagina di storia che è stata dimenticata. Le vittime tra i civili dello stragismo nazista furono circa mille, un dato che fa della provincia di Caserta il territorio più colpito dalle rappresaglie del Sud Italia”.

Che tipo di lavoro è stato fatto e dove è stato girato il film?

“Siamo andati nei luoghi dove sono avvenuti i massacri: San Pietro Infine, Conca della Campania, Vairano Patenora, Pietravairano, Presenzano, Riardo. Qui abbiamo raccolto le testimonianze di chi ha vissuto di persona quell’orrore. Fondamentale è stato il contributo di ricerche del professor Giuseppe Angelone, in particolare sulle dinamiche della violenza nazista nel casertano, ma anche la consulenza scientifica di Giovanni Cerchia, Felicio Corvese e Isabella Insolvibile, che intervistati contribuiscono ad analizzare a diversi livelli questa pagina, significativa oltre le formule retoriche”.

Quante testimonianze sono state raccolte e qual è, a suo avviso, la più significativa?

“Complessivamente sono state raccolte 15 testimonianze ma per il film ne sono state utilizzate più o meno la metà. La più importante, almeno da un punto di vista emozionale, è quella di una donna di Conca della Campania. Si chiama Graziella Di Gasparro e la mattina del 1° novembre 1943 ha visto uscire di casa il padre per l’ultima volta. Fu ucciso nella strage di Conca della Campania accaduta quel giorno”.

Quanto è durato questo lavoro?

“Tra ricerche e riprese siamo intorno ai 5 anni di lavoro”.

Un periodo lunghissimo. Saranno sicuramente accadute cose da raccontare sul set. Può dirci un aneddoto di questi 5 anni?

“Sicuramente. Abbiamo fatto il location scouting a Vairano Patenora e scelto i ruoli. Abbiamo avvisato tutti gli abitanti della zona che il giorno dopo saremmo arrivati lì per girare alcune scene, in particolare quella di un ragazzino che viene sparato mentre tenta di fuggire in un tunnel. Purtroppo ci è sfuggita una signora che abita proprio vicino a quel tunnel e che si è vista arrivare incontro persone vestite da soldati tedeschi di corsa. La sua reazione è stata ‘Oddio sono tornati’. Si è presa un bello spavento”.

Bene. Non vediamo l’ora di vedere il film. Quando uscirà nelle sale?

Il film verrà proiettato in anteprima nazionale a Roma il prossimo 19 aprile, il 23 al Cinema Modernissimo di Napoli, il 24 al Cotton Movie di Piedimonte Matese ed il 25 aprile, giorno della Liberazione, saremo al Duel di Caserta. Poi via via uscirà in circa 20 città italiane tra aprile e maggio”.

E’ casuale la scelta di far uscire “Terra Bruciata” proprio a ridosso della Festa della Liberazione?

“No. E’ stata una cosa fortemente voluta sia da me sia dalla produzione Mediacontents production e sia dall’Istituto Luce Cinecittà, che distribuisce il film, ed in particolare dell’amministratore delegato Roberto Ciccutti e del responsabile sezione Cinema e Documantaristica Enrico Bufalini”.

Dai fatti raccontati sono trascorsi circa 75 anni. Qual è il valore della Festa della Liberazione oggi e se, con il suo film, si propone di offrire una testimonianza ed una chiave di lettura nuova di quel periodo?

“La Liberazione è una celebrazione che anche noi meridionali dobbiamo imparare a ricordare. Si tratta di una vera festa, un momento in cui le comunità si raccolgono nei luoghi dove sono avvenuti gli eventi e li ricordino, li celebrino come avviene nelle regioni centro-settentrionali. Mi auguro che con questo film abbiamo dato un contributo, messo un mattoncino nel muro della memoria condivisa perché non si dimentichi. Alla luce dei fatti raccontati anche noi meridionali dobbiamo essere orgogliosi che i nostri civili non abbiano abbassato la testa ma si siano ribellati, abbiano combattuto. Si tratta dell’ultimo vero atto di eroismo del popolo italiano e come tale va ricordato e celebrato nella giusta maniera”.

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