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Cronaca Bellona

Minaccia con una falce i familiari, condannata a 2 anni e 6 mesi

Agnese Di Giovanniantonio in tribunale per il rito abbreviato: la decisione del gip

Condanna a 2 anni 6 mesi di reclusione per Agnese Di Giovanniantonio per violenza aggravata e minacce ai danni dei propri familiari. È quanto disposto dal giudice per le indagini preliminari Ivana Salvatore del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dove si è celebrato il rito abbreviato per la vicenda che vedeva coinvolta la 67enne di Bellona tratta in arresto il primo febbraio scorso dai carabinieri della compagnia di Capua mentre proferiva minacce di morte verso i propri congiunti.

"Ti devo uccidere", "ti devo tagliare la testa", "ti mando al cimitero" erano queste le minacce dirette alla nipote della Di Giovanniantonio, Z. D., il marito della donna V. B. brandendo una falce estratta dal carrello portaspesa in presenza dei figlioletti di 3 ed un anno della coppia. Il motivo di tanta acredine della 67enne di Bellona, difesa dagli avvocati Francedco Marino e Incoronata Giannotti, nei confronti dei congiunti risiedeva nella convinzione di Agnese Di Giovanniantonio che l'assistenza prestata dalla nipote 34enne a suo padre fosse a scopo di lucro. Una sorta di escamotage per intascare i soldi della pensione dell'anziano. Un'ossessione che portò la 67enne persecutrice ad appostamenti sotto casa della nipote e del padre, tutti residenti a Bellona, per poi minacciarli di morte sia tra le mura domestiche che per strada.

Gli atteggiamenti persecutori della 67enne, nonché significativi episodi di rabbia, portarono i congiunti (assistiti dagli avvocati Andrea Di Dario e Maria Celeste Cafaro) alla denuncia agli uomini dell'Arma. I militari ricostruirono l'iter di instabilità e persecuzione che il nucleo familiare dovette subire già dal settembre 2020. Gesti di squilibrio non erano episodi isolati come quello che avvenne nel dicembre del 2020 quando Agnese Di Giovanniantonio, dopo esser uscita dall'appartamento dei congiunti, indirizzó la sua rabbia verso una panchina posta all'ingresso dell'abitazione nell'atrio. La distrusse.

Il leitmotiv della vita di Agnese Di Giovanniantonio è stato quello della violenza efferata. A soli 26 anni il 30 maggio del 1980 sgozzó, nel piazzale antistante l'ospedale Palasciano di Capua, il primario del reparto di chirurgia Dario Russo a bordo della sua Fiat 132. Si avvicinò alla vettura dell'uomo e con un colpo fulmineo gli recise la giugulare con un coltello a doppia lama in uso ai calzolai. Il medico spiró in pochi secondi. La colpa del sanitario fu quella di non aver mantenuto una promessa di impiego presso il presidio sanitario capuano per la Di Giovanniantonio. Il carcere non fu rieducativo, tant'è che nel 2014 la persecutrice di Bellona venne tratta in arresto per atti persecutori nei confronti di un coetaneo di Vitulazio, reo di non ricambiare il suo amore.

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