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Cronaca Castel Volturno

Pressioni per far assumere moglie, vice questore ‘punito’ dopo l’assoluzione: vince il ricorso

Protagonista della vicenda un poliziotto che svolgeva indagini per conto della Dda

Punito al termine di un procedimento disciplinare che era seguito alla fine di un incubo giudiziario durato diversi anni, riesce a vincere anche il ricorso alla giudiziaria amministrativa. Protagonista della vicenda è un vice questore aggiunto della polizia di stato che era rimasto coinvolto in un procedimento penale relativo alle pressioni che avrebbe esercitato, quando era prima alla Squadra Mobile e poi al commissariato di Castel Volturno (svolgendo indagini per conto della Dda), sul direttore di una clinica del litorale domizio per far assumere la moglie e farle poi rinnovare il contratto in scadenza.

Assolto dalle accuse penale, condannato dall'ufficio procedimenti disciplinari

Nel 2018 la Corte d’Appello di Napoli ha assolto il poliziotto casertano dall’accusa di concussione, ma la Procura, evidenziando “condotte di rilevanza disciplinare” promuoveva azione disciplinare nei confronti del vice questore aggiunto contestandogli l’illecito disciplinare di aver violato gli obblighi di imparzialità, diligenza, lealtà e correttezza nel compimento dell’attività di polizia giudiziaria e senza, peraltro, mai evidenziare la situazione di conflitto di interesse ai suoi superiori. Ne scaturì una prima sanzione di censura, confermata anche dalla commissione di secondo grado per i procedimenti disciplinari a carico degli uffici di polizia giudiziaria istituita presso il dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia. Il vice questore ha quindi deciso di presentare ricorso al Tar Campania e, nelle scorse settimane, ha ottenuto l’annullamento del provvedimento disciplinare.

Atti annullati per i ritardi nel procedimento

I giudici della Sesta Sezione (presidente Santino Scudeller)  hanno infatti sottolineato come il procedimento disciplinare non abbia rispettato il termine massimo di 120 giorni in cui dovrebbe essere chiuso. Tant’è che lo stesso, avviato nel 2010 quanto scaturì l’indagine penale, è stato poi bloccato in attesa della sentenza (di assoluzione, arrivata nel febbraio 2018) e concluso, in secondo grado, nel settembre 2020. “La durata del procedimento sanzionatorio, riferito a condotte consumate negli anni 2001, 2002 e 2003, avviato nell’anno 2010 e concluso dopo 10 anni dal suo avvio e dopo due anni dalla decisione irrevocabile di assoluzione - scrivono i giudici amministrativi - è tutt’altro che ragionevole se commisurata ai termini massimi previsti per la conclusione dei procedimenti disciplinari nei confronti della generalità dei dipendenti pubblici e non trova adeguata giustificazione né nelle peculiarità proprie dello status di agente o ufficiale di polizia giudiziaria né nella particolare laboriosità della fase istruttoria”.

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