rotate-mobile
Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Torture in carcere, il magistrato Puglia: "Detenuti mi mostrarono lividi e ferite durante colloqui"

Il giudice di sorveglianza testimone al processo sulla mattanza: "Erano spaventati poi ci fu una progressiva presa di coraggio". Dagli agenti atteggiamento poco collaborativo: "Chiesi una penna che non arrivò mai"

"I detenuti mi mostrarono lividi sugli occhi e sulle spalle oltre ad escoriazioni che evidenziavano ferite da cui avevano perso sangue". Lo ha dichiarato il magistrato di sorveglianza Marco Puglia nel corso della sua testimonianza al processo per la mattanza avvenuta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020 e per la quale sono sotto processo 105 persone tra agenti, funzionari del Dap e medici dell'Asl.

Puglia, replicando alle domande del pm Alessandra Pinto, ha ripercorso la vicenda partendo dalla protesta del 5 aprile scoppiata nei reparti della casa circondariale 'Francesco Uccella' in seguito al primo caso di positività. "Era una domenica - ha raccontato Puglia alla Corte d'Assise presieduta da Roberto Donatiello - Di prima mattina ho ricevuto un messaggio dal comandante Gaetano Manganelli che mi riferiva di un caso di positività. Nel pomeriggio venni poi informato di una protesta al reparto Volturno e solo in serata ho appreso della protesta anche al Nilo e che tutto era rientrato".

Puglia il giorno successivo si recò in carcere incontrando una delegazione dei detenuti. "Al mio arrivo incontrai anche il responsabile dell'area sanitaria Giuseppe Nese - prosegue - Mi chiarì che era riuscito ad ottenere uno screening tra i detenuti del reparto dove c'era stato il contagio". Detenuti che poi furono incontrati: "mi rappresentarono le loro preoccupazioni" ma sempre relative alle misure Covid. Nel corso del colloquio"mi venne specificato che si era trattato di una protesta pacifica contro le misure adottate dal governo. Niente contro la polizia penitenziaria. I detenuti lamentavano del fatto che non avessero le mascherine". Puglia avrebbe incontrato le delegazioni dei reparti ad eccezione del Nilo: "il comandante Manganelli mi invitò a rimandare in quanto era in programma una perquisizione al Nilo e magari i detenuti avrebbero pensato che l'avessi ordinata io". Perquisizione di cui comunque il magistrato venne informato in serata: "Il comandante mi parlò del rinvenimento di armi rudimentali ed anche di olio bollente. Mi veniva comunicato che 15 detenuti andavano trasferiti".

Il giorno successivo Puglia tenne una serie di colloqui con i detenuti via Teams. "I detenuti del Nilo - ha detto ancora il magistrato di sorveglianza - Non vennero portati a colloquio. Mi dissero che non c'era personale per accompagnarli". Una circostanza che in quel momento poteva essere anche plausibile visto che "i problemi organizzativi erano tanti", ha precisato. In serata, però, "ho appreso dal collega Nicola Russo (magistrato nda) dell'esistenza di un video in cui un detenuto diceva che dopo che ero andato via dal carcere era successo il finimondo".

Così "chiesi alla mia segreteria di programmare colloqui esclusivamente con i detenuti del Nilo, compresi quelli che erano stati allocati al piano terra del Danubio". Nel pomeriggio del 9 aprile il magistrato tornò al carcere ed incontró uno dei detenuti che subirono pestaggi: "mi raccontò quello che era accaduto. Che era stato picchiato con un manganelli e pugni. Aveva ancora lividi sulle spalle e non aveva avuto la possibilità di contattare i familiari - ha detto Puglia - mi manifestò le violenze subite e le condizioni in cui si trovavano in quel momento: non avevano lenzuola, biancheria, non avevano possibilità di lavarsi". Un colloquio che venne registrato con Puglia che verificò poi de visu quanto raccontatogli dal detenuto.

Nel corso dell'ispezione anche altri detenuti gli rivelarono le violenze subite: "uno di loro aveva la maglia sporca di sangue per escoriazioni al petto.  Ci fu una progressiva presa di coraggio nel rappresentarmi quanto accaduto". Uno dei detenuti spiegò al magistrato che dopo essere stato picchiato venne nuovamente avvicinato da un agente che gli disse: "vuoi un altro bacetto?". Poi venne colpito con un pugno.  

Nel corso di altri colloqui anche altri detenuti confermarono il pestaggio riferendo anche "preoccupazioni per eventuali episodi come quello che ci era stato riferito". Durante tali incontri l'atteggiamento della penitenziaria fu poco collaborativo: "ricordo che chiesi una penna che non arrivò mai", ha raccontato il magistrato. Puglia ha anche riferito gli strascichi di quella vicenda, finita poi in una relazione in cui venivano evidenziate anche condizioni "fuori dai parametri di detenzione non degradante".

"Il 30 aprile seppi che i detenuti erano ancora in isolamento al Danubio nonostante un provvedimento che disponesse il contrario. Ero furioso. Mi dissero che c'erano lavori e che non potevano essere trasferiti", ha concluso.

I fatti di cui al processo sono accaduti il 6 aprile del 2020 dopo che il giorno precedente ci fu una protesta dei detenuti in seguito al primo contagio Covid nel penitenziario. La reazione degli agenti fu durissima: bisognava ripristinare l'ordine adottando il "sistema Poggioreale". Circa 200 agenti entrarono in reparto per una perquisizione straordinaria. I detenuti vennero fatti uscire dalle celle e pestati con i manganelli ed umiliati. Molti vennero fatti inginocchiare in una sala dedicata alla socialità con gli agenti che di tanto in tanto li percuotevano. A qualcuno vennero tagliati i capelli e la barba. Scene da macelleria messicana riprese dalle telecamere della videosorveglianza installata in reparto che ripresero anche il pestaggio di un detenuto in carrozzina.

Tra gli avvocati che difendono i detenuti vittime delle aggressioni ci sono: Carmine D'Onofrio (tra i primi a depositare una denuncia per uno dei detenuti facendo avviare l'indagine), Mirella Baldascino, Luca Viggiano, Goffredo Grasso, Elvira Rispoli, Fabio Della Corte, Giuseppe De Lucia, Gennaro Caracciolo, Ferdinando Letizia, Marco Argirò, Pasquale Delisati, Andrea Balletta e Giovanni Plomitallo. A rappresentare l'Asl di Caserta, invece, l'avvocato Marco Alois mentre l'avvocatura dello Stato si è costituita per il Ministero della Giustizia.  Asl e Ministero della Giustizia sono stati citati anche in qualità di responsabili civili. 

Tra i difensori degli imputati sono impegnati - tra gli altri - gli avvocati Giuseppe Stellato, Mariano Omarto, Vittorio Giaquinto, Carlo De Stavola, Raffaele Costanzo, Angelo Raucci, Roberto Barbato, Dezio Ferraro, Elisabetta Carfora, Domenico Di Stasio, Valerio Stravino, Massimo Trigari, Luca Di Caprio, Mario Corsiero, Rossana Ferraro, Ernesto De Angelis, Claudio Botti, Vitale Stefanelli, Michele Spina, Fabrizio Giordano, Raffaele Russo, Valerio Alfonso Stravino, Antonio Leone, Domenico Pigrini, Ciro Balbo, Dario Mancino, Natalina Mastellone, Gabriele Piatto, Carlo De Benedictis, Rosario Avenia, Domenico Scarpone, Eduardo Razzino e Nicola Russo. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Torture in carcere, il magistrato Puglia: "Detenuti mi mostrarono lividi e ferite durante colloqui"

CasertaNews è in caricamento