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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Mattanza in carcere, la Cassazione conferma: "Fu tortura"

Per i giudici le condotte violente sono state "degradanti per la dignità della persona". Detenuti vessati anche dopo la rappresaglia del 6 aprile

L'orribile mattanza avvenuta al carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020 configura il reato di tortura. Lo conferma la Corte di Cassazione che ha depositato le motivazioni con cui ha respinto il ricorso dell'ex comandante del carcere Gaetano Manganelli contro la validazione delle accuse nei suoi confronti da parte del Riesame.

"Il delitto di tortura è stato configurato dal legislatore come reato eventualmente abituale, potendo essere integrato da più condotte violente, gravemente minatorie o crudeli, reiterate nel tempo, oppure da un unico atto lesivo dell'incolumità o della libertà individuale e morale della vittima, che però comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona", si legge nelle motivazioni della Cassazione.

"Ai fini dell'integrazione del delitto di tortura - prosegue la Suprema Corte la locuzione "mediante più condotte" va riferita non solo ad una pluralità di episodi reiterati nel tempo, ma anche ad una pluralità di contegni violenti tenuti nel medesimo contesto cronologico".

Inoltre, "le condotte di tortura risultano non essersi fermate a quelle inflitte il pomeriggio del 6 aprile, essendo proseguite, con ulteriori vessazioni (in particolare nei confronti dei 14 detenuti trasferiti nel reparto Danubio), anche nei giorni successivi".

Quanto al dolo, "in tema di tortura, anche quando il reato assuma forma abituale, per l’integrazione dell’elemento soggettivo non è richiesto un dolo unitario, consistente nella rappresentazione e deliberazione iniziali del complesso delle condotte da realizzare, ma è sufficiente la coscienza e volontà, di volta in volta, delle singole condotte", concludono i giudici.

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