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Cronaca Castel Volturno

Il novello boss si vanta con la madre del pestaggio ordinato in carcere

Tanti tentativi di intimidazione nei confronti delle vittime per far 'ritrattare' le accuse

"Intanto sta arrivando l'imbasciata al padre di quello lì, al lato di là... se vuole fare una carcerazione quieta deve mettere a posto i figli... devono dire che gli stavo facendo la rapina". È uno dei primi tentativi di Luigi D'Antonio di intimorire le vittime al fine di farle ritrattare che emerge nell'ordinanza bis di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP Isabella Iaselli del Tribunale di Napoli a carico di Luigi D'Antonio, Assunta Castellano, Teresa Venosa e Lorenzo Esposito De Rosa accusati a vario titolo per tentato omicidio aggravato, detenzione e porto d'armi (D'Antonio e De Rosa), estorsione aggravata (D'Antonio, Castellano, Venosa) per la 'stesa' della notte prima di Ferragosto nel 2019 a Castel Volturno. Nel collegio difensivo gli avvocati Enrico Capone, Rocco Maria Spina, Paolo Caterino.

Il carcere per il 'pericolo di inquinamento delle prove'

Un provvedimento restrittivo che per il GIP partenopeo appare l'unica misura idonea a salvaguardia delle esigenze cautelari. Il pericolo di inquinamento delle prove è stato riscontrato dall'atteggiamento di Luigi D'Antonio nel cercare di mettere a tacere definitivamente le vittime dell'agguato armato e per il giudice delle indagini preliminari partenopeo "è il reato più grave". Per giungere al suo scopo D'Antonio ha ordinato un pestaggio in carcere ai danni di un ras dei Casalesi associato presso la casa circondariale di Poggioreale dove sta scontando una pena per associazione a delinquere di stampo mafioso, ricettazione ed estorsione. "Sai chi è stato picchiato qua dentro? Il padre di una delle vittime. Io i figli non li sto facendo toccare. Io qua però lo sto facendo picchiare in carcere. L'ho fatto una merda qua fuori." riferisce il detenuto in una conversazione con la madre Assunta Castellano, la fidanzata Teresa Venosa e la sorella spiegando alle donne di come fosse fiero del proposito del pestaggio per mano degli stessi 'compagni di piano' della vittima a cui si era presentato "io sono quello che ha sparato addosso ai figli (della vittima) e sono pure quello che li ha fatti picchiare. I figli sono quelli che mi hanno cantato. Quando salite sopra già sapete quello che dovete fare. Io faccio succedere il lutto qua dentro!".

Il ruolo da 'novello boss' 

Un novello boss è il ruolo a cui si atteggia D'Antonio tanto che nel corso dei vari colloqui con i familiari riferisce alla madre ed alla fidanzata dei contatti che ha avuto in carcere con persone dei vari clan e del prestigio che sta acquisendo riferendo poi come ha preparato il discorso da fare al giudice "quando arriva il tentatato omicidio" dichiarandosi pentito e rappresentando di aver solo voluto intimorire le vittime "perché altrimenti le avrebbe uccise senz'altro" ed in effetti le aveva invitate ad uscire dall'auto ma si erano rifiutate e quindi avevano colpito l'auto con le mazze e poi lui voleva sparare alle ruote ma la macchina ha preso un avvallamento "ed il colpo è andato là" racconterà che i ragazzi avevano insultato la madre e la moglie e lui non poteva accettare che si offendessero le donne. Spedizioni punitive, versione dei fatti rese ad arte, finto pentimento,orgoglio nell'essere detenuto a dispetto della" gente che si butta a pentito che non ha più voce in capitolo per tutta la vita", elementi emersi nel corso delle indagini degli inquirenti che hanno delineato la figura di Luigi D'Antonio  come una sorta di novello boss della paranza dei bambini. L'accrescimento del prestigio di D'Antonio secondo il Tribunale Partenopeo è posto alla base del pericolo attuale di recidiva a carico degli indagati disposti a tutto pur di veder affermata l'egemonia del loro "compagno".

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